
Sono passate due settimane dalla scomparsa di Maria Denisa Adas, ma il mistero si infittisce ogni giorno di più. La trentenne di origine romena, residente a Roma, si trovava a Prato la notte tra il 15 e il 16 maggio quando di lei si sono perse le tracce. Da allora nessuna segnalazione, nessuna conferma, solo timori crescenti e una catena di elementi poco chiari che ruotano intorno alla vicenda.
Leggi anche: Denisa Adas scomparsa: le ultime due telefonate nella notte del rapimento
La madre indagata per intralcio alle indagini
Tra gli elementi più controversi dell’indagine c’è la posizione della madre di Denisa, Cristina, oggi indagata per false informazioni fornite agli inquirenti. Secondo quanto ricostruito, la donna avrebbe cercato aiuto rivolgendosi non alla polizia, ma a un avvocato che, secondo gli inquirenti, sarebbe un ex cliente della figlia. Una mossa interpretata come un tentativo di intralciare le indagini, forse dettata dalla disperazione, ma che ha complicato ulteriormente il lavoro degli investigatori.
È stato lo stesso avvocato, rimasto anonimo, a parlare pubblicamente per la prima volta durante la puntata di Chi l’ha visto andata in onda il 28 maggio. «Non conoscevo assolutamente Denisa», ha dichiarato. «La madre mi ha contattato solo perché ho contatti con la comunità romena. Ha pensato potessi aiutarla a trovarla». L’uomo si è difeso sostenendo di aver difeso in passato molte donne vittime di violenza: «Io sto dall’altra parte, non con chi sequestra».

Le contraddizioni dell’avvocato e l’ipotesi del fraintendimento
La versione dell’avvocato, tuttavia, mostra crepe. In trasmissione ha ammesso di aver detto alla madre di Denisa che la ragazza fosse ancora viva: «Sì, le ho detto che l’avremmo ritrovata, ma era solo per consolarla. Lei piangeva, temeva il peggio. Era un modo per darle speranza». Parole che, nella loro apparente innocenza, hanno sollevato nuovi interrogativi. Che cosa sa davvero quest’uomo della scomparsa di Denisa?
Contattato successivamente da Il Messaggero, l’avvocato ha ribadito la sua estraneità, sostenendo di essere stato male interpretato: «Non ho mai avuto rapporti con Denisa, né ho fatto sesso a pagamento in vita mia. Non so nulla, leggo quel che scrivete voi». Alla domanda su dove si trovasse la notte della scomparsa, ha risposto: «Probabilmente ero in Sardegna, ma non devo dare alibi a nessuno».

Residence senza sicurezza e testimonianze inquietanti
Un altro elemento emerso durante la trasmissione riguarda il residence in cui Denisa alloggiava a Prato. La struttura era dotata di telecamere finte, come ammesso dal proprietario: «Non sono funzionanti. Alcune ragazze si sentivano in pericolo e hanno preferito trasferirsi». Una situazione già nota, che aveva spinto più di una sex worker ad abbandonare quel posto ritenuto insicuro.
A confermarlo sono anche le colleghe e amiche di Denisa. Una di loro ha spiegato: «Ci sono state diverse rapine, bande di albanesi, romeni, italiani, oppure balordi che si fingevano clienti. Studiavano la zona e poi tornavano per rubare. Fuori dal portone c’è gentaglia, molte ragazze hanno preferito andare via».
L’ombra della tratta e il timore che sia troppo tardi
Sull’ipotesi del rapimento a fini di sfruttamento sessuale, lo stesso avvocato ha espresso dubbi: «Se fosse stata presa per essere sfruttata nella prostituzione, non avrebbe cambiato abitudini di vita. Anche i dettagli sui denti rotti non combaciano. Se devo dire la mia, purtroppo temo che non sia più viva. Dopo tutto questo tempo, è difficile sperarlo ancora».
La pista del rapimento estorsivo sembra altrettanto improbabile: «Non è mai arrivata alcuna richiesta, nulla che faccia pensare a un sequestro di quel tipo».
Un’indagine ancora senza svolte
La vicenda di Maria Denisa Adas si inserisce in un contesto complesso, dove paura, reticenze e insicurezza si intrecciano in una rete di contraddizioni. A oggi non esistono prove certe né tracce utili a ricostruire l’ultima notte della giovane donna. Il luogo della scomparsa si rivela ogni giorno più opaco, tra strutture abitative precarie, mancanza di sorveglianza e ambienti poco sicuri.
Resta il dolore di una madre indagata e il silenzio di chi potrebbe sapere qualcosa. E soprattutto resta la domanda che da due settimane non trova risposta: dov’è Denisa?