
Un corpo in abiti religiosi è stato rinvenuto in una fossa comune nei pressi di Raqqa, nel nord della Siria, e si ipotizza possa appartenere a Padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano scomparso il 29 luglio 2013. Il sacerdote si trovava nella zona, all’epoca controllata dallo Stato Islamico, per cercare di mediare la liberazione di alcuni ostaggi occidentali.
A dare la notizia è stato il vescovo di Qamishli, che ha parlato con il settimanale Oggi, sollevando la possibilità che, a distanza di oltre dieci anni, sia stato finalmente ritrovato il corpo del missionario. Una svolta potenzialmente cruciale in una vicenda rimasta a lungo avvolta nel mistero, tra silenzi, ipotesi e appelli internazionali.

La conferma del ritrovamento non è però ancora ufficiale. Il nunzio apostolico a Damasco, cardinal Mario Zenari, ha dichiarato: «Sono stato informato ieri sera. Le indicazioni sulla località del ritrovamento e sull’identificazione certa di Padre Paolo non sono ancora precise». Cautela, quindi, da parte delle autorità ecclesiastiche.
Secondo quanto riportato, la Santa Sede ha contattato i gesuiti presenti in Siria per ottenere ulteriori verifiche, ma al momento non sono arrivate conferme definitive. Le operazioni di identificazione, che coinvolgono anche le autorità locali, richiederanno tempo e potrebbero basarsi su analisi genetiche e altri elementi forensi.

La figura di Padre Dall’Oglio è da anni simbolo del dialogo interreligioso e dell’impegno per la pace in Medio Oriente. Fondatore della comunità monastica di Deir Mar Musa, era conosciuto e stimato per la sua azione di mediazione tra cristiani e musulmani, fino alla tragica scomparsa nel cuore del conflitto siriano.
Se confermato, il ritrovamento del suo corpo metterebbe fine a un’attesa lunga oltre un decennio. Una verità dolorosa, ma necessaria, per i familiari, per la Chiesa e per tutti coloro che in questi anni hanno sperato in un ritorno, vivo o almeno spiegato, del gesuita scomparso in uno dei luoghi più pericolosi del conflitto siriano.