
La svolta arriva a diciassette anni dall’omicidio. Secondo la Procura di Pavia, il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli, mentre Chiara Poggi veniva uccisa, non c’era solo Andrea Sempio. Almeno altre due persone sarebbero state presenti sulla scena del crimine. È quanto emerge dalla nuova indagine aperta dal procuratore Fabio Napoleone, che ha disposto un incidente probatorio decisivo il 17 giugno, centrato sull’analisi delle impronte e del materiale biologico raccolti nella casa. Intanto, un’impronta sul muro, la numero 33, viene descritta dai legali come “molto carica di materiale biologico”, forse sangue o sudore misto a sangue.

Il Dna di Sempio e gli altri indagati
Al centro dell’indagine ci sono 35 impronte tra le 60 repertate, che verranno analizzate nuovamente per valutare la presenza di sangue o tracce genetiche. L’attenzione è rivolta in particolare al Dna di Andrea Sempio, già rilevato sotto le unghie di Chiara, che sarà riesaminato in contraddittorio dalla genetista Denise Albani e dal dattiloscopista Domenico Marchegiani.
Il confronto riguarderà anche i profili genetici di Roberto Freddi, Mattia Capra, Alessandro Biasibetti (amici di Sempio e di Marco Poggi), di Marco Panzarasa (amico di Alberto Stasi), delle gemelle Paola e Stefania Cappa, e di alcuni carabinieri e soccorritori intervenuti il giorno dell’omicidio. L’obiettivo è escludere o identificare eventuali presenze sulla scena del crimine. Le “para adesive” delle impronte — tecnica usata per sollevare residui da superfici — non verranno escluse dalle analisi.
Impronta 33 e prove mancanti
La impronta 33 potrebbe essere centrale nella ricostruzione della dinamica, ma l’intonaco del muro da cui era stata sollevata non è stato conservato, così come la provetta con la soluzione usata per i test non risulta più rintracciabile. Si cercherà materiale genetico anche nel sacchetto della spazzatura, nella parte insanguinata del tappetino del bagno e su un cucchiaino trovato sul divano. La ricostruzione delle tracce di sangue è già stata avviata e potrebbe portare a una nuova ipotesi sulla dinamica dell’aggressione. La tesi della Procura, espressa nell’avviso di garanzia a Sempio, è che l’omicidio sia avvenuto in concorso.
L’avvocata Boccellari: “Alberto vive in una bolla”
A rappresentare l’ex fidanzato di Chiara, Alberto Stasi, è l’avvocata Giada Boccellari, che in un’intervista al Corriere della Sera dichiara: “In questa fase Alberto vive in una sorta di bolla di sapone, lo teniamo aggiornato per grandi linee ma poi tende a non leggere i giornali né guardare la tv, credo sia un meccanismo di difesa”. Boccellari sottolinea che già nel 2007 il loro consulente aveva ipotizzato la presenza di almeno due persone nella scena del crimine. Aggiunge inoltre che “l’azione omicidiaria avviene in tre fasi, e almeno nelle prime due non si può escludere la presenza di altri soggetti”.
Dna comparati e la pista dell’alibi
Sul possibile riscontro del Dna con altri soggetti, Boccellari precisa: “Se, per esempio, si trovasse il Dna di Biasibetti, sappiamo che era in Trentino, quindi non poteva essere a casa Poggi”. Il punto critico resta però il movente, che secondo la legale sarà chiaro solo una volta stabilito chi era davvero presente nella villetta.
Il post su Facebook e la frase criptica
Un altro elemento torna oggi al centro dell’attenzione: un post di Michele Bertani, amico di Andrea Sempio, pubblicato su Facebook poco dopo la condanna definitiva di Stasi. Il messaggio citava una frase dei Club Dogo: “La Verità Sta Nelle CoSe Che NeSSuno sa!!! la Verità nessuno mai te la racconterà”. Secondo il settimanale Gente, le lettere minuscole rimaste dalla frase, “a eria’ ta elle oe he euno sa”, sarebbero state traslitterate in alfabeto ebraico, formando la frase “C’era una ragazza lì che sapeva”.
Bertani, che su Facebook si firmava Mem He Shin — un richiamo cabalistico al Quinto nome di Dio — aveva una Golf nera del 2004, compatibile con l’auto vista vicino casa Poggi il giorno del delitto da un testimone, Marco Muschitta, poi ritenuto inattendibile. Secondo il verbale, “entrato in via Pascoli ho visto una macchina in sosta sulla sinistra, scura, di media dimensione, col muso rivolto verso via Pavia. Non ho visto persone”. Muschitta ritrattò nel pomeriggio, ma per anni si parlò erroneamente di un Suv, mentre forse si trattava proprio della Golf nera di Bertani.
Le ipotesi esoteriche non confermate
Quanto alle piste più estreme — satanismo, pedofilia e la Madonna della Bozzola — non trovano al momento riscontri. La difesa stessa li liquida come elementi marginali. Ma se l’analisi delle impronte confermasse la presenza di almeno tre persone nella villetta, il cuore dell’indagine potrebbe spostarsi: non più solo sul colpevole, ma sui complici.
L’appuntamento del 17 giugno, quando i periti si riuniranno davanti al giudice Daniela Garlaschelli, potrebbe riaprire radicalmente il caso, fino a oggi chiuso con la condanna definitiva di Stasi. Ma ora — per la prima volta in modo sistematico — si parla di un omicidio commesso da più mani.