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“Borse Made in Italy? Vi mostro come e dove le fanno”. I video degli operai svelano il bluff

Pubblicato: 20/06/2025 11:24

Negli ultimi mesi, i social media cinesi sono invasi da messaggi chiari e provocatori che tendono a smascherare un bluff taciuto da tempo: molti dei prodotti di lusso che vantano il prestigioso marchio “Made in Italy” vengono in realtà fabbricati in Cina. Il caso più emblematico? Le borse dei brand italiani più noti e ammirati nel mondo. Su piattaforme come Weibo e Douyin (l’equivalente cinese di TikTok), si moltiplicano i contenuti che mettono in discussione l’autenticità del lusso occidentale. In video e post virali, operai cinesi mostrano fasi di produzione di borse e accessori per marchi di fama mondiale. In molti casi, si tratta di video girati in fabbriche localizzate in Cina, ma riconducibili — secondo gli autori — alla catena produttiva di brand italiani di alta moda. Le immagini sono accompagnate da commenti ironici e rivendicazioni: “Queste borse da migliaia di euro? Le facciamo noi, a pochi dollari l’ora”.
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Made in Italy

Il paradosso del “Made in Italy”

Dietro questa strategia c’è una realtà nota ma spesso taciuta: molti brand del lusso italiano e internazionale delocalizzano parte della produzione in Cina o in altri Paesi asiatici. Questo consente di abbattere i costi, pur mantenendo la certificazione “Made in Italy” grazie all’assemblaggio o ad alcune fasi finali che avvengono effettivamente in Italia (lo abbiamo spiegato qui). Dietro questi contenuti c’è molto più di una semplice provocazione. La Cina sta cercando di ribaltare la narrazione secondo cui il lusso, la qualità e l’autenticità sarebbero prerogative dell’Occidente. Rivendicando il proprio ruolo nella produzione materiale di questi beni, Pechino tenta di minare il prestigio simbolico e commerciale del “Made in Italy” e di altre etichette occidentali.

Le conseguenze

In parallelo, si assiste alla promozione massiccia dei brand cinesi emergenti nel settore moda, sempre più presenti alle fashion week internazionali e sempre più apprezzati dalle nuove generazioni. Il messaggio implicito è: perché pagare migliaia di euro per un’etichetta italiana, quando la qualità (e la manifattura) è già in casa? Il fenomeno non è passato inosservato in Europa, dove brand e istituzioni si trovano a dover difendere la credibilità del “Made in Italy”. Alcuni marchi hanno avviato campagne di trasparenza per raccontare meglio la filiera produttiva, mentre altri stanno investendo nel rientro della produzione sul territorio italiano. Tuttavia, il danno reputazionale è già avviato.

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