
Un blackout improvviso ha rallentato i delicatissimi accertamenti scientifici nell’ambito della nuova inchiesta sull’omicidio di Garlasco, il caso giudiziario che da quasi vent’anni scuote l’opinione pubblica italiana. Il guasto, avvenuto nella zona della questura di Milano, ha interrotto il lavoro dei periti incaricati dalla gip di Pavia Daniela Garlaschelli: la genetista Denise Albani e il dattiloscopista Domenico Marchigiani, impegnati nella nuova fase probatoria.
I tecnici stavano eseguendo le campionature e i test Obt per rilevare eventuali tracce ematiche su 34 adesivi dattiloscopici, repertati nella villetta di via Pascoli dove fu uccisa Chiara Poggi nel 2007. La corrente è mancata quando mancavano quattro impronte da esaminare. “Abbiamo dovuto interrompere tutto. Il verbale è stato completato a mano”, ha riferito Marzio Capra, ex ufficiale del Ris e consulente della famiglia Poggi. Secondo i risultati finora disponibili, nessuno degli adesivi ha mostrato presenza di sangue: “Gli Obt sono tutti negativi”, ha confermato Capra.
Ma è l’impronta numero 10, lasciata sulla porta della villetta, a rimanere sotto osservazione: sarà sottoposta a un ulteriore test nei laboratori della polizia scientifica all’ospedale Fatebenefratelli per accertare con maggiore precisione la presenza di sangue. Una pista che, per gli avvocati, potrebbe avere un peso limitato: “Era evidente anche dalle foto che non ci fosse sangue. L’unico vero dubbio per me è l’impronta 10”, ha dichiarato Giada Bocellari, legale di Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio della fidanzata.
Il 4 luglio è la data fissata per la prossima giornata di lavori. In quell’occasione si procederà con l’analisi del Dna contenuto in una dozzina di provette, tra cui i tamponi prelevati sulla vittima. Intanto sono state completate le campionature sui rifiuti rinvenuti nella villetta, tra cui un fruttolo, una busta di biscotti e una banana, conservati per otto mesi tutti insieme nel medesimo sacchetto prima di essere repertati. Un dettaglio cruciale, perché potrebbe aver causato contaminazioni tra i reperti.
“Quando si valuteranno i risultati, sarà fondamentale capire se e come un Dna si sia trasferito da un oggetto all’altro”, ha precisato Capra. I dati preliminari che verranno resi noti la prossima settimana potrebbero già chiarire se i reperti contengano materiale genetico sufficiente a fornire indizi utili all’indagine. Una soglia minima di concentrazione è infatti necessaria perché le tracce siano considerate valide, senza contare che il tempo e la conservazione influiscono sulla degradazione del Dna.
“Se ci saranno dati, saranno preziosi. Se non ce ne saranno, ne prenderemo atto”, ha concluso l’avvocato Bocellari. L’udienza del 4 luglio potrebbe essere l’ultima prima di una pausa estiva nei lavori dei periti e dei consulenti. Ma il caso, ancora una volta, resta aperto e carico di interrogativi.