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Alberto Trentini, la madre attacca Meloni: “Non ha mai pronunciato il suo nome come invece ha fatto con Cecilia Sala, è un dolore”

Pubblicato: 24/06/2025 08:59
Alberto Trentini Cecilia Sala Meloni

Nel vortice della cronaca internazionale, dove a dominare sono l’escalation tra Iran e Israele e le tensioni geopolitiche globali, rischia di scivolare nel dimenticatoio il caso di Alberto Trentini, il cooperante italiano detenuto in Venezuela da mesi in circostanze ancora opache. Le ultime settimane hanno segnato una preoccupante sospensione dell’attenzione pubblica e politica, con una calma apparente che cela uno stallo diplomatico profondo.
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L’appello ignorato della madre di Alberto

Il più evidente segnale di questa disattenzione è arrivato dall’assenza di dichiarazioni da parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che a oggi non ha ancora pronunciato pubblicamente il nome di Alberto Trentini, nonostante l’accorato appello della madre Armanda Colusso e dell’avvocata Alessandra Ballerini, lanciato durante una conferenza stampa a Roma l’11 giugno. “Che non si sia spesa per pronunciarlo, come ha fatto invece pronunciare quello di Cecilia Sala, è stato un dolore in più”, ha dichiarato Armanda nella trasmissione Il cavallo e la torre condotta da Marco Damilano. Un silenzio che pesa, tanto più perché da Palazzo Chigi tutto ciò che riguarda i connazionali detenuti all’estero viene seguito con attenzione.

Nessun contatto dal 16 maggio

Dal 16 maggio, non sono più giunte notizie dirette da Alberto. Alcuni occidentali rilasciati di recente dalla prigione El Rodeo I riferiscono di averlo visto, ma le informazioni restano vaghe e frammentarie. I detenuti locali non sembrano avere alcun contatto con quelli stranieri, e il suo nome risulta sconosciuto ai più. Una condizione di invisibilità diplomatica che getta nello sconforto la famiglia e gli amici, spesso tentati dal viaggio diretto a Caracas, ma frenati dalla fiducia nell’operato della Farnesina e nell’ambasciatore Giovanni Umberto De Vito, impegnato insieme all’Intelligence italiana in una trattativa estremamente delicata.

Le aperture e i tentativi diplomatici

Non sono mancati, negli ultimi mesi, messaggi di apertura da parte venezuelana, come quello espresso dal vice-ministro degli Esteri Edmondo Cirielli, che ha ringraziato il presidente Nicolás Maduro dopo l’ultima telefonata ricevuta da Alberto, auspicando una “rapida scarcerazione del connazionale”. Fonti vicine a Caracas parlano di una fase propizia al dialogo, favorita dalla necessità del Venezuela di rinsaldare legami internazionali in un contesto ancora segnato dalle sanzioni statunitensi. Prove di normalizzazione diplomatica si vedono anche nei recenti riavvicinamenti con Montevideo e Città del Panama.

Il ruolo della Santa Sede e del console Di Martino

Nel frattempo, restano silenti anche le rappresentanze diplomatiche venezuelane in Italia e in Vaticano, nonostante le sollecitazioni ricevute. Tuttavia, cresce l’attesa per un possibile intervento del console venezuelano a Milano, Gian Carlo Di Martino, ora candidato sindaco a Maracaibo. Conoscitore del caso Trentini, Di Martino ha storicamente tenuto una linea morbida nei rapporti bilaterali. In parallelo, la presenza a Roma dell’arcivescovo di Caracas Raúl Biord Castillo, in buoni rapporti con il governo Maduro, potrebbe aprire una finestra di interlocuzione con i familiari di Alberto.

Le ipotesi per la liberazione

Tra gli scenari possibili per il rilascio di Alberto Trentini si ipotizzano due strade: un gesto di grazia simbolico, sostenuto dalle parole di papa Francesco nella bolla giubilare Spes non confundit, oppure una espulsione diplomatica, data l’assenza di accuse formali e di vincoli di cittadinanza venezuelana. Tuttavia, resta ancora bloccata la possibilità di una visita consolare, diritto negato non solo all’Italia ma anche alle altre cancellerie occidentali, che contano 83 cittadini stranieri arrestati per motivi politici, molti dei quali con doppio passaporto, inclusi altri sei italiani.

La solidarietà non si spegne

Se la politica tace, la società civile non smette di far sentire la propria voce. Lunedì scorso, gli amici di Alberto hanno marciato accanto alla madre da Venezia a Mestre, chiedendone con forza il rilascio. Presente anche l’attrice Ottavia Piccolo, testimone della mobilitazione popolare. Di Alberto si ricordano le qualità umane: “La forza interiore, la capacità di superare gli ostacoli, la sua risata, la sua disponibilità”. Lettere di scrittori e artisti – tra cui Helena Janeczek e Pif – sono state pubblicate e raccolte con l’intento di consegnargliele una volta libero.

Un appello che continua

Le voci che chiedono giustizia e libertà per Alberto Trentini si moltiplicano. Tra queste quella di Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi, che ha dedicato al cooperante l’omonimo riconoscimento: “Non smettiamo di parlare di Alberto Trentini finché non verrà riportato a casa”. Un impegno rilanciato anche da esponenti delle opposizioni venezuelane in Italia, a testimoniare che il lavoro umanitario di Alberto in Venezuela non aveva natura politica, come più volte ribadito dalla famiglia.

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Ultimo Aggiornamento: 24/06/2025 10:32

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