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Luca Barbareschi, la rivelazione: “Mia figlia Angelica mi odia”

Pubblicato: 09/07/2025 08:48
Luca Barbareschi figlia Angelica

Attore, regista e produttore, Luca Barbareschi non ha mai indossato il ruolo del personaggio accomodante. Alla soglia dei 70 anni, si presenta al pubblico in una delle fasi più intense della sua carriera, segnato da una condizione fisica provata e da riflessioni profonde sul mondo dello spettacolo e sulla società italiana. Il 24 luglio torna in sala con il film “Paradiso in vendita”, opera da lui diretta e interpretata da Bruno Todeschini, Donatella Finocchiaro e Domenico Centamore. Un lavoro che, secondo lo stesso Barbareschi, verrà accolto con ostilità, almeno in patria.
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Un dolore fisico che diventa metafora

Gli ultimi mesi di Barbareschi sono stati caratterizzati da un forte disagio fisico. Reduce da un grave incidente in moto, ha subito quattro fratture alla spina dorsale e si è sottoposto a un intervento per l’impianto di una protesi al ginocchio. “È un dolore terribile”, ammette, aggiungendo con amarezza: “Non lo auguro a nessuno”. Il dolore non è però solo fisico: a pesare è anche la solitudine, quella che si prova quando, dopo anni a offrire opportunità e lavoro, le persone scompaiono. “Ho prodotto una media di due film all’anno, due o tre fiction, ho dato lavoro a migliaia di persone. Ma la gente si fa viva solo quando ha bisogno”. Parole dure, rivolte non solo al mondo dello spettacolo, ma anche alla sfera familiare.

Rapporti difficili e sincerità senza mediazioni

Barbareschi non risparmia critiche. Non le risparmia ai colleghi, che definisce “rosiconi”, né alle figlie, che accusa di avvicinarsi a lui solo per chiedere: “Quanto mi dai?” o “Cosa mi fai fare?”. L’amarezza dell’uomo si sovrappone all’orgoglio del professionista indipendente. “Non faccio parte della politica, non mi vedete pieno di cariche perché sono scomodo. Sono una persona onesta”. Si definisce escluso e discriminato, nonostante i contributi dati in decenni di carriera.

Parlando del teatro e della pièce “November” di David Mamet, in cui interpreta un presidente americano, lancia anche uno sguardo sul mondo attuale: “È una politica infantile. Tutti vogliono i giocattoli, li rompono e poi si stupiscono del disastro”. Una riflessione che va oltre la scena, un’analisi amara e lucida sulla cultura della superficialità.

Cinema italiano tra miti, limiti e verità scomode

Non mancano nel suo racconto parole pesanti verso due icone del cinema italiano, Nino Manfredi e Alberto Sordi. Li definisce “aridi, egoriferiti, poco generosi con i giovani”. “Manfredi voleva sempre l’ultima battuta, era scritto nei contratti. Sordi era simpatico ma indifferente ai giovani attori”. Parole che suonano come un’eresia nel panorama di venerazione che da sempre circonda questi nomi. Ma Barbareschi rivendica il diritto a una lettura personale e schietta, senza timore delle reazioni.

Al contrario, riserva apprezzamenti a Sergio Castellitto, Sergio Rubini e al compianto Walter Chiari, che definisce “il più ingestibile in assoluto”. Tra le donne, elogia Elena Sofia Ricci, con cui ha lavorato in più film, e Serena Grandi, di cui da giovane era “pazzo”. “Forse è successo qualcosa tra noi, ma non ricordo”, dice con ironia.

La memoria di Spielberg e il racconto di una vocazione

Barbareschi torna con emozione a un ricordo fondante: un incontro con Steven Spielberg a 19 anni, mentre faceva interviste per la Rai per mantenersi. “Gli chiesi: ‘Come faccio a diventare come te?’. E lui mi rispose: ‘Tu sei come me, devi solo decidere quando diventare ciò che pensi di poter essere’”. Da lì nasce Summertime, film d’esordio ambientato a New York, che racconta la storia di un ragazzo innamorato di una trans: un’opera che segna l’inizio del suo percorso come autore.

Paradiso in vendita, tra metafora politica e previsione di insuccesso

Il suo nuovo film, “Paradiso in vendita”, si presenta come una metafora politica, che per Barbareschi rischia di essere travolta dal pregiudizio. “Verrà distrutto in Italia, come è successo con The penitent”, afferma. Il film, a suo dire, racconta “di come l’Italia si sia svenduta alla massoneria francese”. Un’affermazione forte, che testimonia ancora una volta la volontà di rompere ogni schema narrativo ed estetico, anche a costo di attirare critiche feroci. “Qualcuno mi ha detto che è il film più brutto della storia del cinema”, aggiunge, consapevole della tempesta in arrivo.

Una festa divisa tra Filicudi e New York

Il compleanno imminente, che segnerà sette decenni di vita, si prospetta come una celebrazione in due tempi: a Filicudi o a New York, forse in entrambi. Ma ciò che più desidera è festeggiare con Angelica, una delle sue sei figlie, quella che considera “la più geniale, la più simile a me”. Il rapporto è teso: “Mi odia, mi manda strali di morte. Se sapesse quanto la amo”. Ma anche qui, Barbareschi pone un confine netto: “A trent’anni bisogna mantenersi, ognuno è artefice della propria vita”.

Una vita vissuta senza compromessi, fatta di successi, dolori, esclusioni e provocazioni. Quella di Barbareschi è una parabola unica nel panorama culturale italiano, che oggi si racconta con l’urgenza di chi ha ancora qualcosa da dire. Anche se nessuno glielo ha chiesto.

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