
Il cuore di Vittoria Grassi si è spezzato mentre correva. Letteralmente. Era in pista, impegnata agli Europei giovanili su pista in Portogallo, quando ha ricevuto una telefonata che non avrebbe mai voluto ascoltare. Dall’altra parte della linea, i genitori. Nessuna notizia ufficiale, nessun comunicato. Solo le parole più difficili da dire: Samuele Privitera, il suo fidanzato, era morto. Una caduta durante la prima tappa del Giro della Valle d’Aosta, a soli 19 anni, aveva messo fine alla sua vita e al suo sogno.
«Ancora non riesco a credere che sia successo», confessa Vittoria, voce rotta ma composta, nella testimonianza raccolta da Marco Villa, commissario tecnico della nazionale su strada e crono, che supervisiona anche il settore pista femminile. È lui a passare la giovane al telefono, visibilmente provata. Ma c’è qualcosa nella sua voce che colpisce ancora più della sofferenza: la lucidità con cui racconta l’amore per Samuele, nato tra le gare, cementato dalla stessa passione che ora le toglie il respiro.
«Ci eravamo conosciuti quattro anni fa, grazie al ciclismo. Poi ci siamo persi un po’, com’è normale crescendo, ma non del tutto. Nell’ultimo anno eravamo tornati insieme». Era un amore giovane, ma profondo, costruito tra trasferte, corse e sogni condivisi. «Il ciclismo era la passione che ci univa, che ci legava», dice Vittoria. Con semplicità, con la dolcezza di chi ha avuto qualcosa di raro.
Di Samuele, parla con tenerezza e rispetto: «Dedicava tutto se stesso al ciclismo, il suo sogno. È lui che mi ha insegnato la dedizione, a credere nei propri sogni, perché possono realizzarsi. Posso dire di essere cresciuta con lui». Un ragazzo determinato, ispirato da Alberto Contador, che nel 2015 gli aveva regalato un guantino durante il Giro d’Italia: «Quel guantino gli ha dato un motivo in più per credere nel sogno», ricorda Vittoria. Un gesto piccolo, ma che in Samuele aveva acceso una fiamma.
Ora quella fiamma si è spenta. Ma non il ricordo. Non l’amore. «Sono sicura che fosse felice, negli ultimi istanti della sua vita», sussurra lei. Perché, come lui le ha insegnato, vivere per ciò che si ama è un rischio che vale la pena correre.
Ma ora, tornare in sella è diverso. «Stamattina uscire in bici, anche solo per venire qui in pista, mi ha fatto un certo effetto. Sapere che Samuele il giorno prima era nella mia stessa situazione… mi colpisce». L’ultima volta che si sono visti è stata ai campionati italiani su strada in Friuli. «Lui correva il giorno dopo, ma era venuto a vedermi».
Ora non ci sono più corse da condividere. Solo un vuoto immenso e una maturità rara in una ragazza che, a vent’anni appena compiuti, ha perso l’amore e un pezzo di sé, ma non la forza di onorarne il ricordo. Con la stessa dignità con cui indossa il casco, sale sulla bici, e continua a pedalare. Anche se ogni giro di ruota, da ora in poi, farà un po’ più male.