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“Gli slip e le ossa non sono loro!”: torna la paura del serial killer in Italia

Pubblicato: 23/07/2025 09:22
serial killer terza vittima

In certe storie, il tempo non basta mai. I giorni passano, i mesi scorrono, e le risposte restano in attesa, ferme, come intrappolate in uno spazio senza respiro. Ci sono casi in cui la verità non è nascosta: è spezzata, sparsa, sepolta in frammenti che emergono quando nessuno se l’aspetta. E ogni dettaglio nuovo, ogni traccia che affiora, apre altri vuoti. Non sempre la giustizia corre, a volte inciampa nella polvere dei luoghi dimenticati, nei silenzi che hanno il suono del pericolo.
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C’è qualcosa di profondamente disturbante nell’idea che il male possa passare inosservato, camminare accanto a noi con la normalità di un vicino di casa. E c’è qualcosa di ancor più insostenibile nel sapere che qualcuno, forse più di uno, ha guardato negli occhi la paura e non ha avuto scampo. In questi racconti il tempo non è cronologia: è un labirinto. E per uscirne servono nomi, luoghi, indizi che finalmente si ricompongano in una verità comprensibile.

Un nuovo ritrovamento rilancia l’inchiesta

È in questa cornice che si inserisce l’ultimo sviluppo nell’indagine sul presunto serial killer delle escort, che nelle scorse settimane ha riportato l’attenzione mediatica su Montecatini Terme, in provincia di Pistoia. Qui, a poca distanza dall’abitazione di Vasile Frumuzache, sono stati rinvenuti slip femminili e frammenti ossei che, secondo quanto riportato da La Nazione e Firenze Today, non apparterrebbero a Denisa Maria Adas né ad Ana Maria Andrei, le due vittime per le quali l’uomo ha già confessato.

Questo elemento ha subito riacceso i sospetti degli inquirenti: potrebbe esserci una terza vittima, una donna ancora non identificata. Le forze dell’ordine stanno ora passando al vaglio le denunce di scomparse presentate in Toscana negli ultimi anni, cercando eventuali corrispondenze genetiche o indizi che possano collegare il nuovo ritrovamento a una identità precisa.

denisa maria adas

Il sospetto di un complice e una telefonata da chiarire

Un altro fronte dell’inchiesta riguarda il possibile coinvolgimento di un complice. Gli investigatori stanno infatti analizzando una telefonata di quaranta minuti tra Frumuzache e un’altra persona, intercettata nel periodo in cui Denisa risultava già scomparsa. Il contenuto della conversazione potrebbe essere determinante per ricostruire la dinamica degli eventi, e rafforzare l’ipotesi che l’uomo non abbia agito da solo.

Un dettaglio particolarmente rilevante riguarda l’assenza dell’indagato da casa per circa quattro ore, in un momento in cui la moglie non era presente. Difficile, secondo gli inquirenti, immaginare che abbia lasciato da soli i due figli piccoli. Da qui la pista di un aiuto esterno, qualcuno che abbia coperto o collaborato nella realizzazione dei delitti.

«Se mi trovano mi uccidono»: la frase che cambia tutto

Durante le fasi di ricerca di Denisa Maria Adas, una testimonianza inquietante ha aggiunto un ulteriore tassello. Una persona avrebbe riferito di aver sentito la giovane dire al telefono: «Se mi trovano mi uccidono». Parole che lasciano presagire una minaccia concreta, forse già nota alla vittima, e che indicano un contesto di violenza sistematica e premeditata.

Le frasi pronunciate da Frumuzache in carcere, durante la detenzione a La Dogaia, sembrano andare nella stessa direzione. Avrebbero scatenato una violenta lite con l’ex compagno di Ana Maria Andrei, anche lui detenuto nella stessa struttura. Secondo quanto trapelato, le sue parole lascerebbero intendere l’esistenza di altre vittime.

denisa autopsia

Confessioni, fascicoli separati e indagini vicine alla chiusura

Frumuzache è stato arrestato a giugno 2025 dai carabinieri di Prato, e ha confessato prima l’omicidio e lo scempio del corpo di Denisa, il cui cadavere è stato trovato nelle vicinanze di un casolare abbandonato. Poco dopo, nel garage della sua abitazione, è stata rinvenuta l’automobile di Ana Maria Andrei, anch’ella escort. La seconda confessione è arrivata di lì a poco.

Attualmente, le procure di Pistoia e Prato stanno lavorando su fascicoli distinti, ma la riunione dei procedimenti è attesa in sede processuale. Nel frattempo, gli accertamenti tecnici proseguono e il materiale raccolto sta delineando un quadro sempre più inquietante.

Il sospetto che il serial killer abbia colpito almeno tre volte è ormai concreto. Se confermato, cambierebbe profondamente la natura del caso, che si configurerebbe come una catena di omicidi seriali premeditati, forse anche orchestrati da più persone. Un’ombra lunga sulla Toscana, che ancora oggi fatica a fare i conti con la violenza nascosta nei suoi angoli più silenziosi.

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