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Killer di Denisa Maria Adas aggredito in carcere, c’è un’altra svolta: “Sono coinvolti anche loro!”

Pubblicato: 28/06/2025 10:24

Un’ampia operazione è stata condotta nel carcere La Dogaia di Prato, riguardante il traffico di telefoni cellulari, smartwatch, schede telefoniche e droga all’interno dei reparti di Alta Sicurezza e Media Sicurezza, tra cui alcuni detenuti per reati mafiosi. L’inchiesta, avviata a luglio 2024 dalla Procura, ha messo in luce gravi irregolarità, con il coinvolgimento di quattro agenti penitenziari accusati di corruzione, oltre a contatti sospetti tra altri quattro agenti e addetti alle pulizie. L’indagine ha portato alla perquisizione di 127 detenuti, con 27 indagati.

Le indagini e le irregolarità riscontrate nel carcere

Le indagini hanno rivelato che, nonostante le restrizioni nei reparti di Alta Sicurezza, dove sono detenuti criminali di alto calibro, questi ultimi godevano di privilegi che includevano la libertà di movimento all’interno del reparto. I carabinieri hanno scoperto che i detenuti, anche quelli coinvolti in crimini di tipo mafioso, potevano accedere a dispositivi elettronici come telefoni e connessioni internet tramite schede telefoniche intestate a nomi fittizi e attivate in negozi di Roma e Napoli.

I metodi di ingresso della merce illecita erano vari: dai colloqui con i familiari, alla posta, fino all’ingresso tramite agenti penitenziari corrotti, che avrebbero ricevuto compensi in denaro. I carabinieri hanno infatti sequestrato numerosi dispositivi elettronici, nascosti in luoghi insospettabili come pentole, elettrodomestici, sanitari, buchi nei muri e anche sulla persona dei detenuti.

Il caso di Denisa Maria Adas e l’aggressione in carcere

Denisa Maria Adas è la vittima di un caso di violenza avvenuto all’interno del carcere di Prato, dove è stato coinvolto Vasile Frumuzache, reo confesso degli omicidi della giovane. Frumuzache, mentre si trovava in custodia, è stato aggredito da un altro detenuto con un pentolino di olio bollente. Nonostante le direttive della Procura per garantirgli protezione, l’incidente ha evidenziato le gravi lacune nel sistema di sicurezza carceraria. L’evento ha portato all’indagine di tre agenti penitenziari accusati di non aver assicurato adeguata protezione alla vittima.

Secondo il procuratore Tescaroli, la struttura carceraria di Prato è afflitta da un alto tasso di illegalità, con difficoltà nella gestione della sicurezza e carenze di personale. Il 47% degli ispettori e il 56,52% dei sovraintendenti sono sotto organico, creando un ambiente di lavoro problematico, che rende difficile garantire la sicurezza dei detenuti e l’efficacia della loro rieducazione. La scarsità di risorse ha anche causato problemi psicologici tra i detenuti, portando a suicidi e a una situazione generale di instabilità.

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