
Le note di una ballata malinconica si disperdono nel vento, portando con sé l’eco di una tragedia che si ripete, un ritornello amaro in una melodia di violenza. In una città che danza tra la modernità e le ombre del passato, la vita di un uomo si è interrotta bruscamente, spezzata dal piombo in un agguato senza nome.
Non era un santo, né un eroe, ma un cantastorie del nostro tempo, la cui voce narrava gesta di potere e di sangue, di onore e di morte, in un’epopea che si confonde con la cronaca. La sua fine non è un’anomalia, ma l’ennesima strofa di una canzone già scritta, un tragico destino che incombe su chi osa cantare le storie proibite. Quella voce, un tempo potente e celebrata, ora tace, e il suo silenzio è più assordante di qualsiasi urlo.
Un tragico epilogo per un genere controverso
L’omicidio di Ernesto Barajas, frontman della band messicana Enigma Norteño, rappresenta un evento tragico che getta una luce sinistra sul complesso e pericoloso rapporto tra la musica, in particolare il genere del narcocorrido, e la criminalità organizzata in Messico. La sua morte, avvenuta a soli 38 anni, non è un caso isolato, ma si inserisce in un quadro di violenza e tensioni che da anni affliggono il panorama artistico del Paese, dove la linea di confine tra la narrazione musicale e la realtà criminale si fa sempre più sottile e letale.
La figura di Barajas diventa così un simbolo delle sfide e dei rischi che gli artisti che si avvicinano a certe tematiche sono costretti ad affrontare, in un contesto in cui la glorificazione dei cartelli può costare la vita. Il narcocorrido, che ha radici profonde nella tradizione del corrido messicano, si distingue per i suoi testi che raccontano le gesta, spesso violente, dei signori della droga e dei loro cartelli. La band Enigma Norteño, originaria del Sinaloa, era una delle massime esponenti di questo genere, e le sue canzoni, come la celebre ¿Van a querer más? (El Mencho), dedicata a Nemesio Oseguera Cervantes, leader del Cártel Jalisco Nueva Generación (CJNG), ne sono la prova tangibile. La morte di Barajas si lega indissolubilmente a questo contesto, confermando come la musica non sia solo un’arte, ma possa diventare un veicolo di messaggi e alleanze pericolose, capaci di suscitare l’ira e la vendetta di organizzazioni rivali.
Un pattern di minacce e violenza
Il tragico destino di Ernesto Barajas si inserisce in una spirale di violenza che ha già colpito la sua band e altri artisti del genere. La morte del batterista José Baldenegro nel 2012, rapito e assassinato, aveva già evidenziato la vulnerabilità dei membri del gruppo. Le preoccupazioni di Barajas per il futuro della band, espresse all’epoca, si sono purtroppo dimostrate fondate. L’episodio più recente di violenza nei confronti di musicisti messicani risale a soli tre mesi prima, con il ritrovamento dei cadaveri di cinque membri della band Fugitivo a Reynosa, un altro evento che sottolinea la pericolosità di questo ambiente. Lo stesso Barajas era stato già in passato al centro di minacce esplicite, come il messaggio recapitato sui social dal Cártel Jalisco Nueva Generación. L’avvertimento, che gli intimava di non cantare corridos in Bassa California, faceva riferimento alla sua presunta protezione da parte dei fratelli Arzate García, membri di alto rango del Cartello di Sinaloa. Questo dettaglio non solo evidenzia le rivalità tra i cartelli, ma anche il modo in cui gli artisti vengono percepiti come pedine o alleati in una guerra senza fine per il controllo del territorio e del potere.
La risposta dello stato messicano: dalla censura alla cultura
In risposta alla crescente problematica del narcocorrido e alla sua presunta influenza sulla criminalità, lo stato messicano ha avviato un processo di riforma culturale. Il genere è stato vietato in un terzo delle regioni messicane, una misura che mira a limitarne la diffusione e a contrastare la glorificazione della violenza. Oltre alla censura, il governo ha intrapreso iniziative più costruttive. La segretaria alla cultura del Messico, Claudia Curiel de Icaza, ha annunciato un concorso musicale che incoraggia gli artisti a creare musica che non glorifichi uno stile di vita violento. Questa iniziativa, pur non risolvendo le cause profonde del problema, cerca di offrire alternative creative ai giovani e di promuovere un cambiamento di mentalità attraverso la cultura. La misura si aggiunge ad altre azioni concrete, come la denuncia dello stato di Jalisco nei confronti della band Los Alegres Del Barranco per aver esposto una fotografia di un leader del CJNG durante un concerto. L’insieme di queste iniziative riflette il tentativo, seppur difficile, delle autorità di contrastare il narcotraffico anche sul piano culturale e ideologico.
La pericolosità del narcocorrido non si limita a personaggi meno noti. Il caso di Peso Pluma, uno degli artisti più in vista e di successo degli ultimi anni, dimostra che il fenomeno coinvolge anche figure di fama mondiale. Nel settembre 2023, il cantante ha ricevuto minacce di morte dal CJNG tramite manifesti apparsi a Tijuana, costringendolo ad annullare il suo concerto. Questo episodio ha avuto una risonanza internazionale, portando l’attenzione su un problema che spesso rimane confinato a livello locale. La vicenda di Peso Pluma, pur non avendo avuto un epilogo tragico, sottolinea come nessuno sia immune dal rischio, e come la fama e l’esposizione mediatica possano in alcuni casi amplificare le tensioni e le minacce dei cartelli. La storia di Ernesto Barajas, quindi, non è solo una tragedia personale, ma un capitolo doloroso di una narrazione più ampia e complessa, che continua a mietere vittime e a sollevare interrogativi sulla libertà artistica e sulla responsabilità sociale in un Paese lacerato dalla violenza.