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Italia, è allarme: avvistata sulle spiagge la “caravella portoghese”, è pericolosissima

Pubblicato: 26/08/2025 16:46

L’arrivo della caravella portoghese, una creatura marina affascinante quanto pericolosa, ha scatenato un’allerta lungo le coste italiane ed europee. Questi organismi, il cui nome scientifico è Physalia physalis, sono stati avvistati in numero crescente nel Mediterraneo, sollevando preoccupazioni per i bagnanti e gli ecosistemi marini. Nonostante l’aspetto che ricorda una medusa, la caravella portoghese non lo è.

Si tratta di un sifonoforo, ovvero una colonia di organismi geneticamente identici che vivono e operano insieme come un’unica entità. L’appellativo “caravella portoghese” deriva proprio dalla sua somiglianza con i velieri usati dagli esploratori portoghesi, in quanto possiede una sacca di gas che le permette di galleggiare e spostarsi sulla superficie del mare spinta dal vento e dalle correnti, proprio come una nave.

Un visitatore inquietante dal passato

Sebbene la recente proliferazione possa sembrare un fenomeno nuovo, la presenza della caravella portoghese nel Mediterraneo non è senza precedenti. Studi del WWF hanno documentato tracce del suo passaggio già a metà dell’Ottocento. Tuttavia, la migrazione attuale ha dimensioni e una frequenza mai viste prima. Originaria delle acque tropicali e subtropicali degli oceani Atlantico e Indiano, questa creatura ha sempre destato ammirazione per la sua forma unica e le sue splendide sfumature blu e viola, ma anche un profondo timore per il suo potente veleno.

L’aumento della presenza della caravella portoghese nelle acque europee è considerato dagli scienziati un indicatore degli effetti del riscaldamento globale. L’aumento della temperatura degli oceani contribuisce in modo significativo alla migrazione di specie marine che tradizionalmente popolano latitudini più calde. Le correnti oceaniche, a loro volta influenzate dai cambiamenti climatici, facilitano lo spostamento di questi organismi verso il Mediterraneo. Francia e Spagna, in particolare, hanno già preso seri provvedimenti, arrivando in alcuni casi a chiudere le spiagge per proteggere i bagnanti. In Italia, i recenti avvistamenti in Sicilia (specialmente nello Stretto di Messina e nel Catanese) e in Sardegna confermano che il fenomeno è ormai una realtà anche per le nostre coste. Il primo avvistamento recente risale al 26 agosto 2010 a Villaputzu, in Sardegna, e un episodio passato, che vide una donna ricoverata in terapia intensiva dopo una puntura vicino alle isole Ciclopi, dimostra la serietà del rischio.

Pericoli per i bagnanti

I tentacoli della Physalia physalis possono raggiungere lunghezze impressionanti, fino a trenta metri, e sono dotati di nematocisti urticanti capaci di iniettare una tossina neurotossica. Per questo motivo, la caravella portoghese rappresenta una minaccia concreta per i bagnanti. Una puntura può causare sintomi immediati e dolorosi, tra cui eritemi, bolle simili a ustioni e un dolore intenso che può durare per diversi giorni. In alcuni casi più gravi, la reazione può degenerare, portando a disturbi sistemici come shock anafilattico, febbre, malessere diffuso, vomito e disturbi cardiopolmonari. Sebbene rari, ci sono stati casi in cui la puntura ha avuto conseguenze letali. Il veleno agisce rapidamente e può mettere in serio pericolo anche persone non particolarmente sensibili.

Cosa fare in caso di incontro ravvicinato

Data la sua pericolosità, è fondamentale sapere come comportarsi. Il primo e più importante consiglio è non toccare mai una caravella portoghese, né in acqua né sulla spiaggia, nemmeno se sembra morta. Il veleno urticante rimane attivo per giorni dopo che l’organismo è spiaggiato, rappresentando un pericolo persistente. Se si viene punti, la prima cosa da fare è rimanere calmi e cercare aiuto medico il prima possibile. Gli specialisti sconsigliano vivamente l’uso di rimedi casalinghi non verificati, come l’aceto o l’ammoniaca, che potrebbero peggiorare la situazione. L’intervento più efficace, in attesa di soccorsi qualificati, è immergere la parte colpita in acqua calda (a circa 45°C) per almeno venti minuti. Il calore aiuta a denaturare le proteine del veleno, attenuandone gli effetti.

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