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Israele, proteste e cassonetti incendiati sotto casa di Netanyahu: “È terrorismo”

Pubblicato: 03/09/2025 13:02
cassonetti incendiati casa Netanyahu

Una giornata di disordini e proteste ha scosso Gerusalemme, con cittadini e familiari degli ostaggi che hanno chiesto la liberazione immediata delle persone sequestrate e la fine della guerra. Le prime contestazioni sono iniziate all’alba, quando i manifestanti hanno incendiato diversi cassonetti a meno di cento metri dalla residenza del primo ministro Benjamin Netanyahu, creando un vero e proprio «anello di fuoco» attorno all’edificio.
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Diversi residenti degli edifici vicini sono stati evacuati, anche se fortunatamente nessuno è rimasto ferito. I vigili del fuoco hanno dichiarato che alcune automobili sono state danneggiate dagli incendi, mentre le forze dell’ordine hanno tentato di mantenere la calma e contenere l’ondata di tensione tra la folla.

L’abitazione del ministro nel mirino

Le proteste hanno preso di mira anche la residenza del ministro Ron Dermer, incaricato delle negoziazioni per il rilascio degli ostaggi. I manifestanti lo accusano di non essere riuscito a riportare indietro neppure una persona durante il suo mandato, parlando di un «fallimento totale» dei colloqui. Secondo loro, il governo israeliano avrebbe capitolato di fronte all’estrema destra, scatenando indignazione tra la popolazione civile.

Il ministro Ben Gvir, esponente dell’area più radicale del governo, ha definito gli incendi di cassonetti e automobili «terrorismo», accusando il procuratore generale Gali Baharav-Miara di sostenere indirettamente i manifestanti e di voler «bruciare il Paese». Intanto, alcune persone si sono barricate nella Biblioteca nazionale di Gerusalemme, salendo sul tetto dell’edificio, mentre la polizia cerca di negoziare la loro discesa pacifica.

Allerta missilistica e sirene a Tel Aviv

Sul fronte della sicurezza nazionale, per la prima volta dopo settimane sono risuonate le sirene d’allarme a Tel Aviv. L’IDF (Forze di Difesa Israeliane) ha intercettato un missile balistico lanciato dagli Houthi dallo Yemen. Poco dopo, le sirene hanno allertato anche le aree di Gush Dan, Gerusalemme, Yarkon, Lachish, Shfela e le pianure della Giudea.

Il livello di allerta resta molto alto: Israele teme ulteriori attacchi dopo il recente raid militare che ha colpito Sanàa, uccidendo il primo ministro yemenita e decine di esponenti governativi. Le autorità locali hanno ribadito la necessità di massima cautela per la popolazione civile, mentre le operazioni militari a Gaza City proseguono senza interruzioni.

Riservisti israeliani rifiutano il servizio

In un gesto senza precedenti, 365 riservisti israeliani contrari all’espansione delle operazioni militari a Gaza hanno annunciato che non si presenteranno più al richiamo in caso di mobilitazione. «Siamo oltre 365 soldati, e il numero continua a crescere, che hanno prestato servizio durante la guerra e hanno dichiarato che non si presenteranno in servizio quando saranno richiamati», ha dichiarato il sergente Max Kresch durante una conferenza stampa a Tel Aviv.

I riservisti hanno sottolineato che il loro rifiuto è motivato dal principio di rifiutare una «guerra illegale» e di chiedere conto ai leader politici delle decisioni prese. La scelta riguarda principalmente soldati che hanno partecipato alla difesa iniziale del Paese dopo il 7 ottobre e rappresenta una presa di posizione netta contro l’estensione del conflitto.

Impatto sulla società israeliana

La combinazione di proteste civili, tensione missilistica e dissenso militare ha evidenziato un momento di forte crisi interna per Israele. Famiglie, residenti e autorità si confrontano con una situazione complessa, dove la pressione sulla leadership politica cresce insieme al rischio di escalation militare.

Le immagini di cassonetti in fiamme, barricate nella Biblioteca nazionale e sirene in diverse città israeliane testimoniano una giornata drammatica, che potrebbe segnare un punto di svolta nella percezione pubblica della guerra e nelle strategie del governo di Netanyahu.

La reazione internazionale

Mentre sul campo la situazione resta instabile, osservatori internazionali hanno invitato alla calma e al rispetto dei diritti dei civili. Le tensioni a Gerusalemme e l’opposizione dei riservisti sollevano interrogativi sul futuro della politica israeliana e sulla capacità del governo di gestire la guerra senza compromettere la coesione interna e la sicurezza dei cittadini.

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