
Resta in carcere Emanuele Ragnedda, l’imprenditore 41enne di Arzachena che ha confessato di aver ucciso Cinzia Pinna, la 33enne di Castelsardo scomparsa l’11 settembre e ritrovata morta due settimane dopo nella sua tenuta. La gip Marcella Pinna ha convalidato il fermo, confermando l’accusa di omicidio volontario aggravato dall’uso di arma da fuoco.
Durante l’udienza di convalida al tribunale di Tempio Pausania, Ragnedda ha parlato per quasi due ore davanti alla giudice, al procuratore Gregorio Capasso e alla pm Noemi Mancini. Il suo racconto è apparso freddo, didascalico: «Non la conoscevo benissimo. Quella sera le ho dato un passaggio, siamo andati a casa, ci siamo drogati e abbiamo bevuto», ha detto per la prima volta introducendo l’elemento della droga. Poi la sua versione: «Ha iniziato a parlare di Satana, è andata in cucina e ha preso un coltello. Mi ha minacciato e ferito di striscio al braccio. Io ho impugnato la pistola che era tra il divano e un mobile e le ho sparato. Sono stati tre colpi».
Cos’ha fatto al corpo: nessun coinvolgimento del giardiniere
Dopo i colpi di arma da fuoco, il corpo di Cinzia sarebbe stato spostato con un quad e nascosto nella proprietà. «L’ho trasportato da solo», ha affermato, smentendo di fatto il coinvolgimento del giardiniere 26enne, che rimane comunque indagato per occultamento di cadavere.
Gli inquirenti stanno verificando la ricostruzione dell’imprenditore, soprattutto il dettaglio della ferita al braccio che oggi non è più visibile. Gli accertamenti dei carabinieri e i rilievi del Ris dovranno stabilire la veridicità della sua versione.
Al termine dell’interrogatorio, Ragnedda — rampollo di una famiglia nota per i vini di pregio, tra cui il Vermentino da 1.800 euro a bottiglia — è stato ricondotto al carcere di Nuchis a bordo di un blindato della polizia penitenziaria, scortato da due Suv. Poche le parole lasciate per la vittima: «È la scelta peggiore che ho fatto. In questa vicenda ha perso di più lei».
“Lei mi parlava di Satana”
Incredibile il racconto che Ragnedda fa della donna: “Non la conoscevo benissimo. Quella sera le ho dato un passaggio. Siamo andati a casa, ci siamo drogati e abbiamo bevuto. A un certo punto ha iniziato a parlare di Satana, è andata in cucina e ha preso un coltello. Mi ha minacciato e poi mi ha ferito di striscio a un braccio. Io ho impugnato la pistola che era tra il divano e un mobile e le ho sparato. Sono stati tre colpi e lei è caduta sul divano”