
Era un giorno di luglio, caldo e afoso, di quelli che sembrano scorrere uguali agli altri. Due sorelle, impegnate in un trasloco, erano concentrate a sistemare scatoloni e ricordi di una vita da lasciare alle spalle. L’atmosfera, seppur segnata dalla fatica, era quella tipica dei cambiamenti: tra emozione e nostalgia, con la voglia di guardare avanti.
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Poi, improvvisamente, la normalità si è spezzata. Una porta che si apre, un cancello rimasto socchiuso e la comparsa inattesa di un cane. In pochi istanti la scena quotidiana si è trasformata in incubo. L’energia, la forza e l’aggressività dell’animale hanno colpito con una violenza inaspettata, trascinando tutti i presenti in un vortice di paura e disperazione.
L’aggressione all’Aquila e la lunga agonia di Margherita Villante
È in questa cornice che si è consumata la tragedia dell’Aquila. Era il 18 luglio 2024 quando Margherita Villante, insieme alla sorella, è stata assalita da un pitbull all’interno della propria abitazione, durante le operazioni di trasloco. In pochi minuti, la donna è stata colpita con ferite devastanti, tanto gravi da costringere i medici a intervenire con l’amputazione di entrambe le braccia.
La sorella ha riportato lesioni più lievi, tra cui la frattura di una mano, mentre la proprietaria del cane, una docente in pensione, è rimasta ferita in maniera superficiale. Ma per Villante è iniziato un calvario senza fine: ricoverata in terapia intensiva, ha lottato per mesi fino al 27 febbraio scorso, giorno della sua morte.

Le indagini della procura e le accuse
Secondo il pubblico ministero Ugo Timpano, la padrona del pitbull non avrebbe impedito l’aggressione. Quel giorno, infatti, il cancello dell’abitazione era stato lasciato aperto da una ragazza entrata per dare ripetizioni di matematica, consentendo così all’animale di sfuggire al controllo.
La consulenza medico legale eseguita dopo il decesso ha confermato il legame diretto tra le ferite riportate e la morte della donna. Per questo motivo la proprietaria del cane, assistita dagli avvocati Paolo Vecchioli e Massimiliano Nardecchia, dovrà rispondere dei reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi, imputazioni relative rispettivamente alla morte di Villante e alle ferite subite dalla sorella.

La linea della difesa e i familiari della vittima
La difesa ha già annunciato che in tribunale verrà posta l’attenzione su una vasta infezione emersa durante l’autopsia, ritenuta decisiva nell’aggravamento delle condizioni della donna. Sarà questo uno dei punti centrali della prima udienza.
I familiari della vittima, assistiti dall’avvocata Donatella Boccabella, chiedono giustizia dopo mesi di sofferenza e seguono da vicino l’evoluzione del procedimento.
Il futuro del cane
Il pitbull non è stato abbattuto. L’animale è custodito nel canile comunale di Paganica, dove resterà fino alla fine dei suoi giorni. La padrona, già mesi fa, aveva formalizzato la rinuncia alla custodia.
La vicenda, che ha sconvolto la comunità aquilana, lascia aperta una ferita profonda e rilancia il dibattito sulla responsabilità nella gestione di cani potenzialmente pericolosi. Una storia di dolore e di giustizia che ora si sposta nelle aule di tribunale.