
Tra le misure più discusse nella costruzione della prossima manovra economica, prende forma l’ipotesi di un alleggerimento fiscale sulla tredicesima mensilità. L’idea, promossa in particolare da Forza Italia, è al vaglio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dove si lavora su più fronti per rendere la proposta compatibile con i vincoli di bilancio. Se attuata, potrebbe avere un impatto diretto sulle buste paga di dicembre, in un momento cruciale per i consumi interni.
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L’obiettivo della misura è duplice: sostenere i redditi medio-bassi e rilanciare la spesa interna in un contesto economico segnato dal rallentamento della domanda. Tuttavia, il nodo centrale resta la copertura finanziaria. Attualmente, il gettito fiscale generato dalle tredicesime ammonta a circa 14,5 miliardi di euro l’anno, una somma che rende complessa qualsiasi operazione di detassazione integrale.
Le due ipotesi in campo: esenzione Irpef o imposta sostitutiva
Le ipotesi prese in considerazione sono due. La prima prevede l’esenzione totale dall’Irpef sulla tredicesima, lasciando invariata solo la contribuzione previdenziale. In questo scenario, un lavoratore con reddito lordo annuo di 30 mila euro otterrebbe un beneficio netto di circa 500 euro sulla mensilità aggiuntiva. Per un reddito di 50 mila euro, il guadagno netto supererebbe i 1.200 euro.
A differenza delle mensilità ordinarie, infatti, la tredicesima non beneficia delle detrazioni per lavoro dipendente e carichi familiari, già ripartite nel corso dell’anno. Questo comporta un trattamento fiscale più gravoso, che penalizza in particolare i redditi più bassi. Un’esenzione completa dall’Irpef rappresenterebbe dunque un intervento diretto sul potere d’acquisto, ma con un impatto rilevante sui conti pubblici.

La seconda ipotesi, ritenuta più sostenibile, prevede l’introduzione di un’imposta sostitutiva agevolata, con un’aliquota intorno al 10%, simile a quanto già avviene per i premi di produttività. In questo caso, il beneficio per un lavoratore con 30 mila euro lordi sarebbe di 272 euro, mentre per chi guadagna 50 mila euro arriverebbe a 873 euro netti in più.
Questa soluzione comporterebbe una minore perdita di gettito per lo Stato e potrebbe quindi risultare la via preferibile dal punto di vista della sostenibilità fiscale. Inoltre, anche in questo scenario, sarebbe possibile combinare il taglio sull’Irpef della tredicesima con la riduzione dell’aliquota del secondo scaglione Irpef, oggi al 35%, che potrebbe scendere al 33%.
Effetto sui conti pubblici e margini di intervento
Secondo le stime elaborate dalla Cgia di Mestre sui dati delle dichiarazioni dei redditi 2024, le tredicesime valgono 59,3 miliardi lordi e producono 14,5 miliardi di Irpef. In caso di esenzione totale, lo Stato dovrebbe quindi rinunciare a tutto il gettito derivante dalla gratifica natalizia. Una misura del genere richiederebbe coperture immediate, difficili da reperire nel quadro attuale.
Nel caso dell’aliquota agevolata al 10%, l’impatto sarebbe minore ma comunque significativo, e varierebbe in base a soglie di reddito e alla platea dei beneficiari eventualmente selezionata. L’esecutivo valuta anche l’opzione di una sperimentazione limitata ai redditi più bassi, proprio per contenere la perdita di gettito e testare l’efficacia dello strumento.

Incentivare i consumi o rafforzare il risparmio?
Dietro la misura fiscale si cela una questione macroeconomica più ampia. L’aumento della tredicesima in busta paga non garantisce automaticamente un aumento della spesa. Parte del beneficio, come sottolineano alcuni economisti, potrebbe infatti essere destinata al risparmio o al rimborso di debiti, riducendo l’effetto moltiplicativo sull’economia reale.
In questo senso, l’intervento andrebbe valutato non solo in termini di impatto netto sul reddito, ma anche in relazione agli obiettivi di politica economica dichiarati: rilanciare la domanda interna, stimolare i consumi e sostenere la crescita nel breve termine.
Verso un ridisegno complessivo dell’Irpef
La proposta di detassare la tredicesima si inserisce in un quadro più ampio di riforma dell’Irpef. Oltre alla mensilità aggiuntiva, è in discussione anche la già citata riduzione dell’aliquota intermedia dal 35% al 33%, con possibile estensione della soglia fino a 60 mila euro di reddito annuo. La combinazione dei due interventi darebbe vita a una manovra fiscale espansiva, coerente con l’impostazione di Forza Italia, che punta a premiare il lavoro e a ridurre il carico fiscale sul reddito da lavoro.
Resta da capire se le risorse saranno sufficienti per approvare entrambe le misure già nella manovra di quest’anno o se si opterà per un rinvio al 2026. In ogni caso, le trattative interne alla maggioranza sono ancora in corso, e non si esclude che si arrivi a un compromesso intermedio o a un’applicazione graduale.