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“Perché l’ho scritto”. Garlasco, la verità sul pizzino: il padre di Sempio racconta tutto

Pubblicato: 10/10/2025 21:59

La frase, un pizzino scritto a mano e apparentemente criptico, è diventata un punto focale nell’inchiesta della procura di Brescia che sta indagando sulla presunta corruzione dell’ex pubblico ministero Mario Venditti. A fornire la sua versione dei fatti è stato Giuseppe Sempio, padre di Andrea Sempio, sentito come testimone il 26 settembre scorso presso il comando della Guardia di finanza di Pavia.

La sua spiegazione sul significato di quelle poche parole getta luce su quella che, a suo dire, era una semplice previsione di spesa domestica. Sempio senior ha dichiarato che l’annotazione era una stima di quanto la famiglia avrebbe dovuto sborsare complessivamente per le parcelle degli avvocati al termine della complessa vicenda giudiziaria. Una cifra estremamente ridotta, «20.30 euro», se interpretata letteralmente, in netto contrasto con le somme ben più consistenti che gli inquirenti sospettano siano state movimentate.

La tesi dell’accusa e l’archiviazione contestata

Gli inquirenti, tuttavia, nutrono forti dubbi sulla spiegazione fornita da Giuseppe Sempio. La loro ipotesi è ben più grave e complessa: ritengono che l’ex magistrato pavese, Mario Venditti, possa aver ricevuto una somma di denaro tra i 20 e i 30mila euro per intervenire e favorire l’archiviazione della posizione di Andrea Sempio nel 2017. Il contesto è quello dell’omicidio di Chiara Poggi, la giovane studentessa uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007. Andrea Sempio era stato nuovamente indagato, questa volta per omicidio in concorso.

L’archiviazione, quindi, è il fulcro delle contestazioni. Il “20.30 euro” sull’appunto, secondo gli investigatori, non indicherebbe affatto una spesa esigua, ma celerebbe una somma ben maggiore, probabilmente 20 o 30 mila euro, destinata al presunto atto di corruzione. Quando l’uomo in divisa ha contestato a Giuseppe Sempio la “certezza” del testo e il contrasto tra la sua spiegazione e i sospetti degli inquirenti, Sempio senior ha mantenuto la sua posizione, rispondendo: «Noi pensavamo comunque di arrivare all’archiviazione». Questo evidenzia una ferma convinzione nell’esito favorevole della vicenda, indipendentemente dalla via percorsa per ottenerlo.

I prestiti e le spese per gli avvocati

Durante il lungo interrogatorio, Giuseppe Sempio ha fornito ampi dettagli riguardo le somme di denaro prestategli dalle sorelle, circa 50mila euro. Ha ribadito con fermezza che tale denaro era esclusivamente destinato a pagare in contanti gli onorari degli avvocati. Le cifre spese per la difesa legale, secondo Sempio, si sarebbero attestate «tra i cinquantacinquemila e i sessantamila euro». Questa dichiarazione ha suscitato sorpresa tra i militari che lo interrogavano, data l’entità della somma.

Tuttavia, per Giuseppe Sempio, la spesa era giustificata e non sorprendente: «Lo so che sembra strano, ma è così. Noi eravamo nelle loro mani, e non sapevamo una virgola di cosa facessero». La sua testimonianza dipinge un quadro di completa sottomissione e fiducia cieca nei confronti dei legali, quasi una posizione di impotenza di fronte al complesso meccanismo giudiziario e ai costi che esso comportava per salvare il figlio.

La balia degli avvocati e «quei signori li»

Giuseppe Sempio ha rafforzato il concetto della sua dipendenza dai difensori, affermando: «Eravamo in balia degli avvocati (…)». Ha inoltre specificato che la famiglia non si è mai sottratta alle richieste finanziarie necessarie per portare avanti la difesa: «Noi pagavamo tutto quanto necessario, per poter andare avanti e tirar fuori Andrea, facendo le cose che andavano fatte».

Un’ulteriore contestazione da parte degli inquirenti ha riguardato un’intercettazione ambientale del 2017, nella quale Sempio senior faceva riferimento alla necessità di pagare «quei signori li». Interrogato sul significato di questa frase, il padre di Andrea Sempio non ha esitato a chiarire: «Sicuramente intendevo gli avvocati, con ‘quei signori li’». Questa interpretazione è stata poi generalizzata a tutti i movimenti di denaro contante: «Guardi, ogni prelievo fatto era sicuramente per gli avvocati», ha concluso Sempio, cercando di fugare ogni dubbio sulla destinazione dei fondi e sul ruolo che avrebbero avuto soggetti terzi, in particolare l’ex PM Venditti, nella vicenda. La sua versione si concentra unicamente sulla gestione legale e finanziaria della difesa, rigettando implicitamente la tesi della corruzione.

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