
Il professor emerito di Scienza Politica, Gianfranco Pasquino, esprime una critica durissima nei confronti del Partito Democratico (PD) e delle sue recenti scelte politiche, in particolare il conferimento della cittadinanza onoraria a Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU per i territori palestinesi. La sua presa di posizione è netta e ha un peso specifico, tanto da dichiarare apertamente: «Un partito che dà la cittadinanza onoraria a Francesca Albanese è un partito che non avrà il mio voto».
Pasquino non risparmia critiche nemmeno alla CGIL, mettendoli entrambi in guardia dal rischio di farsi trascinare da un movimento di proteste a favore di Gaza che non sono in grado di gestire, ribadendo la necessità di una sinistra che sblocca, non che blocca. Questo monito riflette una profonda preoccupazione per la direzione intrapresa da una parte della sinistra italiana, ritenuta troppo incline a posizioni estreme e poco costruttive.
Il rapporto controverso tra PD e Albanese
Il rapporto che il PD, e in particolare l’amministrazione di Bologna, sta intrattenendo con Francesca Albanese è giudicato da Pasquino come dannoso per l’immagine stessa del partito. Dopo la consegna del Primo Tricolore a Reggio Emilia, avvenuta tra contestazioni e una pubblica “reprimenda” al sindaco Marco Massari, la successiva iniziativa del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, di conferirle la cittadinanza onoraria rappresenta, secondo il professore, un ulteriore passo falso. Pasquino descrive la Albanese come una figura «aggressiva e assolutista» e sottolinea che il suo comportamento è stato «molto maleducato».
La critica più profonda riguarda però il merito del riconoscimento: l’attività della relatrice non avrebbe, a suo avviso, «dato nessun contributo specifico alla causa della pace». Per Pasquino, un partito «importante, indispensabile» come il PD dovrebbe sapersi fare carico di sensibilità diverse e non sposare in modo così acritico posizioni polarizzanti. È proprio questa scelta, dettata dall’amministrazione bolognese, a fargli ritirare il proprio sostegno elettorale al partito.
La scelta del comune di Bologna: rincorsa elettorale e autogol
Interrogato sulle motivazioni che hanno spinto Palazzo d’Accursio, sede del Comune di Bologna, a muoversi in questa direzione, Pasquino individua una chiara strategia di rincorsa elettorale. La decisione del sindaco Lepore viene vista come un tentativo di «rincorrere l’elettorato di sinistra estrema». Il professore ricorda, infatti, che il sindaco aveva già commesso un errore esponendo in precedenza la sola bandiera palestinese, un gesto che in un conflitto complesso come quello mediorientale viene interpretato come un prendere parte senza la dovuta argomentazione approfondita.
Il riconoscimento della cittadinanza onoraria a Bologna, per «meriti che non ci sono», non fa che confermare questa tendenza. Tuttavia, Pasquino solleva un dubbio strategico: «siamo sicuri che i pro Pal che distruggono le vetrine siano anche elettori e non solo distruttori?». Questa mossa, dunque, potrebbe non portare i risultati elettorali sperati. Nonostante ciò, il politologo non è interessato a giudicare la decisione di Lepore come un «autogol» in senso stretto, ma auspica che l’amministrazione si impegni in «una partita diversa che giovi a tutti i bolognesi».
Nervosismo nell’area riformista e necessità di cambiamento interno al PD
Le scelte della dirigenza e delle amministrazioni locali del PD stanno provocando un crescente nervosismo all’interno dell’ala riformista del partito. Figure come l’europarlamentare Elisabetta Gualmini hanno espresso apertamente la loro insofferenza per questa “comunione” con le posizioni della relatrice ONU. Pasquino si schiera a favore di questa battaglia interna, avendone subito espresso apprezzamento a Gualmini, e sostiene che sia «giusto combattere certe battaglie dentro il Pd», anziché rifugiarsi in futuri e inefficaci «partitini». L’obiettivo è chiaro: «È il Pd che deve cambiare». Il professore spera quindi che le voci critiche all’interno del partito riescano a invertire la rotta e a imporre una linea politica più equilibrata e riformista.
Mobilitazioni a Bologna: il permissivismo universitario
Riguardo all’intensità delle mobilitazioni pro-Gaza che hanno caratterizzato la città di Bologna, Pasquino ne individua la causa più probabile nel «numero di studenti universitari presenti in città». Tuttavia, il problema non si limita alla demografia studentesca; è legato alla diffusa «convinzione che qui ci sia un clima di permissivismo» che permetterebbe azioni non tollerate altrove.
Pasquino è categorico nella sua condanna delle forme di protesta violenta osservate: la «rottura delle vetrine, l’assalto alla stazione, i blocchi stradali» non sono in alcun modo espressione della sinistra che il professore vorrebbe vedere all’opera, quella che «fa avanzare il Paese». Nonostante ciò, il professore non si riconosce pienamente nelle posizioni del centrodestra bolognese che critica il “permissivismo”. Se il centrodestra vuole l’ordine della «quiete che non disturba il governo», Pasquino è per «l’ordine del movimento», ovvero la capacità di «sostenere e guidare coloro che si muovono» senza che ciò degeneri in «negozi distrutti e agenti assaliti».
La CGIL e il traino dei sindacati di base
Anche la CGIL viene tirata in causa, accusata di essere finita «un po’ al traino dei sindacati di base», i veri catalizzatori delle proteste più accese. Secondo Pasquino, a spianare la strada a questa situazione sono state alcune delle «parole d’ordine di Landini», come l’espressione «rivolta sociale».
Il segretario del sindacato, Landini, viene criticato per «esagerare lo scontro perché non ha una linea politica e obiettivi chiari». Il professore ricorda una CGIL del passato che disponeva di un «servizio d’ordine che conteneva e i facinorosi». L’evidente assenza di questa capacità di controllo e indirizzo rappresenta, a suo avviso, un ulteriore sintomo di una sinistra (sindacale e politica) che ha smarrito la sua capacità di leadership e di guida costruttiva.


