
Prosegue il cammino verso la verità nel drammatico caso dell’omicidio di Cinzia Pinna, la donna di 33 anni brutalmente uccisa con tre colpi di pistola al volto. Gli accertamenti scientifici, in corso nella tenuta di Concaentosa, potrebbero rivelarsi decisivi per chiarire quanto accaduto nella notte tra l’11 e il 12 settembre scorso. Un delitto che ha sconvolto l’intera Sardegna e che, nonostante la confessione di Emanuele Ragnedda, l’imprenditore 41enne di Arzachena, presenta ancora molte zone d’ombra.
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La scena del crimine, il casolare all’interno della proprietà privata situata tra Palau e Arzachena, è nuovamente oggetto di rilievi. Gli specialisti del Ris di Cagliari, accompagnati dai carabinieri e alla presenza dell’avvocato Luca Montella, difensore del reo confesso, hanno eseguito nuovi esami balistici nella mattinata di lunedì 13 ottobre, poco dopo le ore 10. Le operazioni si inseriscono in un’indagine ancora in pieno sviluppo, condotta dalla Procura di Tempio Pausania, che sta cercando di ricostruire la dinamica esatta dell’omicidio e verificare la coerenza tra i fatti rilevati e quanto dichiarato dall’accusato.
Nuove analisi sulla scena del delitto
Il casolare in cui è avvenuto l’omicidio di Cinzia Pinna continua ad essere al centro delle indagini. Nonostante la confessione resa da Emanuele Ragnedda il 24 settembre, dodici giorni dopo il delitto, gli inquirenti hanno deciso di procedere con nuovi rilievi balistici. L’obiettivo è quello di verificare la traiettoria dei colpi, analizzare la scena con strumenti aggiornati e confrontare ogni elemento materiale con le versioni fornite dall’indagato.
Gli accertamenti, eseguiti con il supporto tecnico del Ris, sono parte integrante di un’indagine che si sta ampliando giorno dopo giorno, soprattutto per via di alcuni punti oscuri rimasti irrisolti nella confessione. In particolare, si cerca di stabilire se altre persone siano intervenute nella fase successiva all’omicidio, contribuendo a ripulire la scena del crimine.

Le zone d’ombra nella confessione
A destare maggiore attenzione è proprio la pulizia del casolare, effettuata nei giorni successivi al delitto. Secondo quanto riferito dal quotidiano regionale L’Unione Sarda, la Procura disporrebbe della testimonianza di un soggetto che avrebbe visto due persone all’interno della tenuta impegnate nella rimozione di tracce compromettenti.
Questo dettaglio apre nuovi scenari investigativi: gli inquirenti sospettano che Ragnedda non abbia agito da solo nel gestire il dopo delitto. Un particolare che, se confermato, aggraverebbe ulteriormente la posizione dell’indagato e renderebbe necessarie nuove valutazioni sulle responsabilità penali di eventuali fiancheggiatori.
Udienza al tribunale di Sassari per il riesame
Nel frattempo, è stata fissata per mercoledì 15 ottobre l’udienza di riesame presso il Tribunale di Sassari. Il legale di Emanuele Ragnedda, l’avvocato Luca Montella, ha presentato istanza di scarcerazione, impugnando la misura cautelare che ha portato l’imprenditore in carcere. Una mossa che arriva in un momento delicato delle indagini, quando la Procura sta stringendo il cerchio attorno ad altri possibili soggetti coinvolti.
Lo stesso Montella, presente nella tenuta durante i nuovi rilievi, ha dichiarato: «Niente di nuovo per quello che riguarda la difesa», lasciando intendere che gli accertamenti non avrebbero ancora fornito elementi contrari alla linea difensiva. Tuttavia, l’esito dell’udienza dipenderà anche dai risultati balistici e dalle ulteriori verifiche condotte sul posto.

Due indagati per favoreggiamento
A complicare ulteriormente il quadro, la posizione di due persone indagate per favoreggiamento. Si tratta di Luca Franciosi, 26enne lombardo, e di Rosa Maria Elvo, 50enne di San Pantaleo. Entrambi sarebbero stati a vario titolo coinvolti nella fase successiva all’omicidio. In particolare, la Elvo avrebbe fornito agli inquirenti una versione che conferma quanto inizialmente dichiarato: Ragnedda le avrebbe detto di aver ucciso un cane, spiegando così la presenza di sangue nel casolare e la necessità di sostituire un divano.
Un racconto che, se messo a confronto con gli altri elementi raccolti, potrebbe rivelare eventuali tentativi di depistaggio o versioni artefatte dei fatti. Al momento, però, non risulta che Franciosi sia stato sentito dalla Procura, mentre per la Elvo si ipotizza un colloquio già avvenuto in via riservata.
La Procura cerca riscontri economici
Un altro fronte di indagine si concentra sulle disponibilità economiche dell’indagato e dei presunti complici. La Procura vuole capire se ci siano stati movimenti sospetti o pagamenti in contanti legati alla gestione della scena del crimine. Il sospetto è che siano stati effettuati acquisti o sostituzioni di arredi proprio per cancellare le tracce del delitto, e che ciò sia avvenuto con la complicità di terzi.
Al momento, nessuno di questi elementi ha portato a un cambio di imputazione, ma il fascicolo rimane aperto e in continua evoluzione. Gli inquirenti e la pm Noemi Mancini proseguono il lavoro con la massima cautela, cercando di evitare fughe di notizie e puntando a ricostruire, tassello dopo tassello, una vicenda ancora avvolta dal mistero.