
Un’inchiesta che doveva fare luce su un omicidio ancora avvolto dalle ombre si sta trasformando in un vero terremoto giudiziario. La vicenda di Garlasco, che dal 2007 ha segnato uno dei casi più noti della cronaca nera italiana, torna prepotentemente al centro dell’attenzione. Ma questa volta non per nuovi elementi sull’assassinio di Chiara Poggi, bensì per le ombre che si addensano sugli inquirenti stessi.
Leggi anche: “Stasi è innocente”. Garlasco, l’annuncio arriva in diretta
I nomi che oggi riempiono le carte giudiziarie non sono quelli degli indagati iniziali, ma di chi, a vario titolo, ha avuto un ruolo chiave nelle indagini archiviate nel 2017. La Procura di Brescia ha infatti aperto un fascicolo su presunti episodi di corruzione, che potrebbero avere avuto un impatto determinante sulla decisione di archiviare il fascicolo su Andrea Sempio, l’amico del fratello di Chiara. Una scelta che oggi appare sotto una luce completamente diversa.
Venditti e Scoppetta al centro dell’inchiesta
I protagonisti di questo nuovo capitolo sono Mario Venditti, ex procuratore di Pavia, e Antonio Scoppetta, ex maresciallo dei carabinieri. Il primo è ora indagato per corruzione in atti giudiziari, mentre il secondo è stato già condannato a 4 anni e 6 mesi nell’ambito del cosiddetto “sistema Pavia”, una rete di scambi di favori e denaro che avrebbe coinvolto diversi funzionari pubblici e appartenenti alle forze dell’ordine.
Secondo l’ipotesi della Procura di Brescia, Venditti avrebbe ricevuto diverse migliaia di euro dalla famiglia di Andrea Sempio in cambio dell’archiviazione dell’indagine a suo carico. Una decisione che nel 2017 aveva chiuso ogni spiraglio investigativo su una pista alternativa a quella che aveva già condotto alla condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di carcere per l’omicidio della giovane Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007.

Sempio di nuovo sotto inchiesta
Nel frattempo, la figura di Andrea Sempio è tornata a emergere nel contesto di una nuova inchiesta aperta a Pavia, che lo vede coinvolto per concorso in omicidio. Un quadro completamente ribaltato rispetto al passato, che rende ancora più gravi le accuse mosse contro chi, nel 2017, avrebbe potuto influenzare il corso della giustizia.
Al centro delle indagini ci sono i movimenti bancari e il tenore di vita degli inquirenti coinvolti nella prima archiviazione. Le verifiche della Guardia di Finanza hanno rivelato cifre sospette, spese incompatibili con gli stipendi dichiarati e, soprattutto, un vizio condiviso: quello del gioco e delle scommesse.
Ludopatia e denaro: i sospetti sui carabinieri
Il caso più eclatante è quello di Antonio Scoppetta, che nel solo 2020, complice il lockdown, avrebbe speso quasi 47mila euro in scommesse, arrivando negli altri anni a toccare i 30-35mila euro. Numeri incompatibili con il suo reddito, tanto da spingere gli investigatori a ipotizzare entrate non dichiarate e, dunque, possibili fonti illecite di finanziamento.
Ma Scoppetta non era l’unico. Anche Silvio Sapone, responsabile della sezione di polizia giudiziaria, avrebbe speso fino a mille euro al mese presso un centro scommesse Snai. Entrambi furono incaricati da Venditti delle intercettazioni e trascrizioni legate all’indagine su Sempio, e proprio lì emergono oggi numerose incongruenze.
Una in particolare risalta: la trascrizione alterata di una conversazione tra i genitori di Sempio. Invece della frase “Dobbiamo trovare la formula per pagare quei signori lì”, i carabinieri riportarono la più innocua: “I Sempio parlano di come pagare gli avvocati”. Una differenza che oggi appare tutt’altro che trascurabile.

Segreti tra vizio e fedeltà
Secondo quanto emerge dagli atti dell’inchiesta, Venditti aveva piena fiducia nei suoi collaboratori Scoppetta e Sapone, considerati suoi “fedelissimi”. Ma i magistrati di Brescia oggi si chiedono come sia stato possibile che un procuratore aggiunto non fosse a conoscenza della ludopatia grave di chi aveva affidato la gestione di intercettazioni cruciali.
I conti personali di Venditti sono stati anch’essi analizzati, e non presenterebbero anomalie evidenti. Tuttavia, sull’ex procuratore pesano le parole dell’avvocato Massimo Lovati, legale di Sempio, che ha dichiarato di aver conosciuto Venditti nel 2010: “Sono sempre stato un giocatore di cavalli, l’ho conosciuto lì. Aveva il vizio? Eh sì, vizio. Allora ce l’ho anche io il vizio”.
Il processo a chi doveva fare giustizia
L’intera vicenda rischia ora di trasformare uno dei più delicati cold case italiani in un processo alla giustizia stessa. Se le accuse della Procura di Brescia troveranno conferma, si aprirà un nuovo capitolo ancora più cupo: quello in cui la verità processuale è stata alterata non da errori, ma da interessi personali, debiti di gioco e relazioni opache.
In un sistema che avrebbe dovuto proteggere la verità e servire la giustizia, il sospetto che le decisioni siano state influenzate da denaro, vizi e favori getta un’ombra pesante non solo sul caso Garlasco, ma sull’intero funzionamento della macchina giudiziaria. E mentre il nome di Andrea Sempio torna a comparire nei registri degli indagati, ci si interroga su quanto – e chi – abbia realmente avuto interesse a insabbiare la sua posizione.