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Garlasco, Alberto Stasi in semilibertà: cosa ha deciso davvero la Cassazione

Pubblicato: 13/10/2025 18:50

Alberto Stasi torna a far parlare di sé. A quasi vent’anni dal delitto di Garlasco che sconvolse l’Italia, il nome dell’ex studente condannato per l’omicidio di Chiara Poggi riemerge al centro del dibattito pubblico. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di concedergli la semilibertà, respingendo il ricorso della Procura generale di Milano e chiudendo così un nuovo capitolo di una vicenda giudiziaria lunga e controversa.

La decisione arriva dopo un iter complesso, segnato anche dalle polemiche per un’intervista rilasciata da Stasi alla trasmissione Le Iene durante un permesso premio. Un gesto che, per l’accusa, avrebbe rappresentato una violazione delle regole imposte dal regime carcerario.

Perché la Cassazione ha detto sì alla semilibertà

I giudici della prima sezione penale, presieduti da Giuseppe Santalucia, hanno però ritenuto infondato il ricorso della Procura, confermando la legittimità dell’ordinanza del 9 aprile. Nelle motivazioni, la Suprema Corte spiega che il Tribunale «ha specificamente valutato, in chiave trattamentale, l’esistenza dell’intervista… e ha ritenuto che il suo rilascio non violasse le prescrizioni al cui rispetto la fruizione del permesso premio era vincolata».

Secondo la Cassazione, quindi, l’intervista non ha compromesso il percorso di riabilitazione di Stasi, che negli anni avrebbe mostrato un’evoluzione positiva. I giudici riconoscono tuttavia che esistono ancora elementi di fragilità nella personalità del condannato, sottolineando la necessità di un monitoraggio continuo nel suo cammino verso il pieno reinserimento.

Alberto Stasi, condannato per il delitto di Garlasco

Un percorso di riabilitazione ancora in corso

La Cassazione interpreta la volontà di Stasi di controllare la propria immagine pubblica non come una sfida alla giustizia, ma come un passaggio psicologico nel suo processo di recupero. I giudici precisano che ciò avviene «in una prospettiva di recupero graduale di autostima che non può prescindere, per mantenere valore trattamentale, da ulteriori e concrete verifiche».

In sostanza, la semilibertà non è un punto di arrivo ma un passo intermedio, da valutare con attenzione. La Suprema Corte riconosce anche il ruolo fondamentale degli operatori penitenziari e delle strutture carcerarie che hanno seguito il caso, sottolineando come Stasi abbia mostrato un miglioramento reale nel proprio comportamento.

Chiara Poggi, la vittima del delitto di Garlasco

Le critiche della Procura generale di Milano

Non tutti, però, condividono questa interpretazione. La Procura generale di Milano aveva infatti contestato la decisione del Tribunale di sorveglianza, parlando di «omessa o inadeguata valutazione» dell’infrazione commessa da Stasi durante il permesso premio di marzo 2025. Secondo l’accusa, il condannato «aveva approfittato dello spazio di libertà concessogli per conquistarsi ‘una tribuna pubblica’».

Una posizione dura, collegata anche alla riapertura delle indagini su Andrea Sempio, amico di Chiara Poggi e in passato indagato e poi archiviato. Per la Procura, l’intervista sarebbe stata il segnale di un atteggiamento ancora lontano da una piena rieducazione.

Veduta di Garlasco, luogo del delitto

La decisione definitiva della Suprema Corte

La Cassazione, però, ha respinto ogni rilievo, sostenendo che i giudici della Sorveglianza abbiano motivato la loro decisione in modo chiaro e coerente. «Con motivazione non lacunosa ed esente da profili di incoerenza o contraddittorietà», si legge nella sentenza, «hanno ritenuto tali aspetti non di pregnanza tale da precludere l’ammissione alla richiesta misura alternativa».

In definitiva, la Suprema Corte ha confermato la piena legittimità della semilibertà di Alberto Stasi, ribadendo che il percorso di risocializzazione deve prevalere sulle singole condotte. Una decisione che chiude, almeno per ora, un nuovo capitolo del caso Garlasco, destinato però a continuare a far discutere l’opinione pubblica. Perché, a distanza di tanti anni, quel nome evoca ancora uno dei misteri più controversi della cronaca italiana.

Alberto Stasi durante un'uscita dal carcere

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