
Donald Trump ha chiarito le parole con cui nei giorni scorsi aveva affermato di aver “parlato con Hamas”, spiegando che il contatto non è stato diretto ma avvenuto “attraverso le mie persone, al livello più alto”. La precisazione è arrivata mentre il presidente continua a monitorare gli sviluppi sul cessate il fuoco e le trattative per gli ostaggi. Proprio in queste ore è arrivata la conferma che altri quattro corpi sarebbero stati restituiti all’esercito israeliano.

Nel corso di un confronto con la stampa, Trump ha risposto a chi gli chiedeva se Hamas stia rispettando la propria parte dell’accordo di cessate il fuoco con un secco: “Lo scopriremo”. La frase indica che la Casa Bianca resta sulla difensiva e che il monitoraggio della tregua prosegue a livelli diplomatici e dell’intelligence.
Il presidente ha rilanciato la propria richiesta sul destino degli ostaggi: “Il lavoro non è terminato”, ha scritto in un post su Truth, invitando le controparti a restituire le salme e chiedendo che “la fase due inizi adesso” per procedere con il recupero e la gestione delle vittime rimaste nelle mani di Hamas.

In serata un annuncio congiunto dell’IDF e dello Shin Bet ha riferito di informazioni ricevute dalla Croce Rossa: quattro bare contenenti le salme di ostaggi deceduti sarebbero state consegnate a operatori umanitari da parte di Hamas. I mezzi della Croce Rossa sono in viaggio verso le posizioni dell’IDF e dell’ISA nella Striscia di Gaza per le procedure di identificazione e restituzione.
Trump ha usato toni duri sul futuro rapporto con l’organizzazione: “Se Hamas non rinuncia alle armi ci penseremo noi”, ha avvertito, suggerendo un possibile intervento diretto o una pressione militare rafforzata qualora la de-militarizzazione non avvenga per via negoziale.
Più avanti il presidente ha rincarato la dose, secondo quanto riportato, affermando: “Se Hamas non cede, li disarmeremo noi con rapidità e violenza” — una dichiarazione che segna un’aperta minaccia verso l’uso della forza in assenza di risultati tangibili sul terreno diplomatico.
Nel frattempo le autorità militari israeliane e i servizi di sicurezza continuano a dialogare con mediatori internazionali e organismi umanitari per gestire il capitolo degli ostaggi e per verificare le condizioni del cessate il fuoco, mentre gli Stati Uniti rivendicano un ruolo di facilitatori tramite canali indiretti.
Lo scenario rimane estremamente volatile: da un lato la richiesta di chiarimenti e di restituzione delle salme, dall’altro la minaccia di disarmo forzato che potrebbe riaccendere le ostilità se messa in atto. Le prossime ore saranno decisive per capire se gli impegni presi verranno mantenuti.
La partita diplomatica e militare resta aperta, con Donald Trump, le autorità israeliane e i mediatori internazionali al centro di un confronto che al momento alterna tentativi di negoziazione a parole di avvertimento e rattoppamenti di fiducia tra le parti.