
Un professore di una scuola media di Pordenone è stato denunciato alla Procura di Trento con l’accusa di minacce nei confronti di una sua studentessa di appena 13 anni. A presentare l’esposto è stato il padre della ragazza, in seguito a un episodio avvenuto lo scorso inverno durante una gita scolastica in Trentino, che avrebbe avuto come protagonista proprio l’insegnante.
Secondo quanto riportato dal Messaggero Veneto, il docente avrebbe rivolto alla studentessa una frase scioccante dopo averla sorpresa nella sua stanza con una sigaretta elettronica. Le parole pronunciate sarebbero state: «Uomini come Turetta esistono perché donne come te li hanno fatti arrivare a questo punto. E meno male che esistono, così ci sono meno donne come te». Il riferimento, implicito ma inequivocabile, sarebbe al caso di Filippo Turetta, accusato dell’omicidio della ex fidanzata Giulia Cecchettin.
La frase avrebbe sconvolto la ragazza, che però avrebbe inizialmente taciuto per paura e vergogna. Solo mesi dopo, al termine dell’anno scolastico e in seguito alla bocciatura in terza media, ha deciso di confidarsi con il padre, raccontando quanto accaduto in gita e riferendo anche altri episodi di minacce e vessazioni attribuiti allo stesso professore durante l’anno.

La famiglia si è detta incredula per la bocciatura della figlia, definita “inaspettata e punitiva”, e ha iniziato a fare domande più approfondite. Da lì è emerso un quadro inquietante, fatto di pressioni psicologiche, frasi intimidatorie e un clima che la ragazza avrebbe vissuto come ostile e oppressivo. A causa della situazione, la 13enne ha poi abbandonato la scuola e si è trasferita all’estero con la famiglia.
La Procura di Trento, competente per territorio in quanto l’episodio principale si è verificato durante una gita scolastica nella regione, ha aperto un’inchiesta. Nei prossimi giorni verranno sentiti in audizione altri professori e alcune compagne di classe della ragazza, per cercare riscontri alle accuse contenute nella denuncia.
L’episodio riporta l’attenzione sul tema del clima scolastico, del rapporto tra alunni e docenti e del limite oltre il quale il rimprovero diventa abuso. Il riferimento a un caso di femminicidio come strumento di ammonimento verso una minorenne ha sollevato un’ondata di indignazione anche online, dopo la diffusione della notizia.
Il professore, al momento, non risulta indagato formalmente, ma rischia un procedimento disciplinare da parte dell’istituto scolastico e dell’Ufficio scolastico regionale, oltre che eventuali provvedimenti penali se le accuse venissero confermate dalle indagini in corso.
Nel frattempo, il padre della ragazza ha chiesto massima riservatezza per tutelare la figlia, ora iscritta a una nuova scuola all’estero. «Non vogliamo vendetta, ma giustizia – ha dichiarato – e che nessun’altra ragazza debba subire ciò che ha subito mia figlia dentro a una scuola».
Il caso potrebbe aprire un nuovo fronte sul tema della sicurezza psicologica degli studenti e sul ruolo degli insegnanti in situazioni educative delicate. Le indagini della procura chiariranno se si sia trattato di una frase infelice o di un comportamento sistematico e intimidatorio, con gravi conseguenze per una ragazza ancora in età scolare.