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Crollo ponte Morandi, i pm chiedono più di 18 anni di carcere per l’ex manager di Autostrade Giovanni Castellucci

Pubblicato: 14/10/2025 13:01
ponte Morandi colpo scena

Nel lungo e doloroso cammino giudiziario per accertare le responsabilità del crollo del ponte Morandi, è arrivata una svolta decisiva. Durante l’udienza del 14 ottobre 2025, i pubblici ministeri Walter Cotugno e Marco Airoldi hanno avanzato la richiesta di condanna a 18 anni e 6 mesi di reclusione per Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia. Una richiesta pesante, che segna uno dei momenti più rilevanti del processo per una tragedia che ha segnato profondamente la coscienza del Paese.
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L’evento del 14 agosto 2018, quando il viadotto sul Polcevera cedette improvvisamente provocando la morte di 43 persone, resta ancora oggi una ferita aperta. Per la Procura, le responsabilità vanno individuate in precise scelte gestionali e in omissioni gravi da parte di chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza dell’infrastruttura.

La requisitoria dell’accusa: gestione orientata al profitto

Durante la requisitoria, i pm Cotugno e Airoldi hanno tracciato un quadro severo della condotta dell’ex top manager. La tesi della Procura è chiara: Castellucci sarebbe stato consapevole delle condizioni critiche del ponte, ma avrebbe scelto deliberatamente di non intervenire con la dovuta tempestività, preferendo proteggere gli equilibri finanziari dell’azienda piuttosto che salvaguardare l’incolumità pubblica.

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Secondo l’accusa, a prevalere sarebbe stata una logica aziendale orientata al risparmio e alla massimizzazione dei profitti, anche a costo di mettere a rischio la sicurezza dell’infrastruttura. In questo contesto, il mancato intervento strutturale sul ponte Morandi – più volte raccomandato da analisi e relazioni tecniche – sarebbe stato una scelta consapevole.

La difesa: “Castellucci è innocente, colpito per la sua posizione”

Ma la difesa di Giovanni Castellucci, rappresentata dagli avvocati Giovanni Accinni e Guido Carlo Alleva, ha risposto con fermezza alle accuse. In un intervento molto duro, l’avvocato Accinni ha definito la richiesta dei pm una “negazione del diritto all’innocenza”, ribadendo che l’ex ad non avrebbe avuto alcuna responsabilità concreta nella tragedia.

La sua unica colpa è la sua innocenza”, ha affermato Accinni, sottolineando come Castellucci sia stato trasformato in un capro espiatorio a causa della sua posizione apicale in azienda. Una figura di vertice, ha sostenuto la difesa, chiamata oggi a rispondere per colpe che andrebbero semmai cercate altrove, in un sistema tecnico e burocratico che per decenni ha valutato come sicuro il viadotto.

“È davvero credibile – ha aggiunto Accinni – che in cinquant’anni di vita del ponte, tutti i tecnici, esperti, certificatori e controllori siano stati incompetenti o complici? Tutti? Nessuno ha mai rilevato l’imminente pericolo. Ma oggi si vuole scaricare ogni colpa su un uomo solo”.

Un’assenza pesante: Castellucci non era in aula

A rendere ancora più teso il clima dell’udienza, l’assenza di Giovanni Castellucci dall’aula. L’ex ad si trova infatti detenuto nel carcere di Opera, dove sta scontando una condanna definitiva a sei anni per un’altra tragedia: quella dell’autobus precipitato dal viadotto di Avellino nel 2013, con 40 morti.

ponte morandi durante l'implosione
ponte morandi demolizione

Dal carcere, Castellucci ha fatto sapere che qualsiasi richiesta di reclusione, anche solo simbolica, sarebbe sproporzionata rispetto al ruolo effettivamente avuto nei fatti contestati. “Una tale richiesta – avrebbe dichiarato – sarebbe solo l’ennesima dimostrazione che in Italia il diritto all’innocenza è fragile quando si tratta di responsabilità mediatiche”.

La sentenza si avvicina: un processo simbolo per la giustizia italiana

La richiesta di 18 anni e 6 mesi di reclusione rappresenta uno degli atti conclusivi di un processo lungo e complesso, che ha coinvolto oltre 50 imputati, tra dirigenti di Autostrade per l’Italia, tecnici, ingegneri e funzionari pubblici. L’intero dibattimento ha avuto come sfondo una domanda essenziale: quanto è valso, negli anni, il controllo sulla sicurezza delle infrastrutture in Italia?

Per i familiari delle 43 vittime del ponte Morandi, il processo è anche una battaglia per ottenere giustizia e verità. Dopo anni di attesa e di dolore, il pronunciamento della sentenza sarà un momento decisivo. Non per restituire ciò che è stato perso, ma almeno per stabilire un principio di responsabilità.

L’impatto pubblico: tra indignazione e riflessione

Il caso del crollo del ponte Morandi ha avuto un impatto fortissimo sull’opinione pubblica italiana. Le immagini dell’enorme sezione di viadotto crollata, le auto sospese nel vuoto, i corpi delle vittime, sono diventate simbolo di un fallimento strutturale e istituzionale. In questi anni, molti cittadini hanno chiesto non solo condanne esemplari, ma una riforma radicale dei controlli infrastrutturali, per evitare che simili tragedie possano ripetersi.

Il processo ha anche messo in luce le fragilità del sistema concessorio italiano, la gestione delle grandi opere e le responsabilità distribuite tra enti pubblici e soggetti privati. Autostrade per l’Italia, al centro del dibattimento, ha cambiato assetti societari e governance, ma il dibattito sulla privatizzazione delle infrastrutture resta aperto.

Conclusioni in attesa del verdetto

Mentre il Paese attende la sentenza definitiva, il processo per il crollo del ponte Morandi si conferma come uno dei più importanti e delicati nella storia giudiziaria recente. La richiesta di condanna a Giovanni Castellucci segna un passaggio cruciale, e le parole forti pronunciate sia dall’accusa sia dalla difesa testimoniano quanto alta sia la posta in gioco.

Nel frattempo, la memoria delle vittime resta al centro di tutto. Per loro, per le famiglie e per l’intera comunità colpita da quel tragico 14 agosto 2018, la speranza è che il processo possa concludersi nel segno della giustizia, della verità e della dignità.

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