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“Attenti a quelle bevande”. Lo studio shock: le abbiamo tutti in casa, cosa contengono davvero

Pubblicato: 15/10/2025 07:40

Uno studio condotto nel Regno Unito e pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment ha rivelato la presenza di microplastiche in tutte le bevande analizzate, sia calde che fredde. I ricercatori hanno esaminato 155 campioni tra caffè, tè, succhi di frutta, bibite gassate e acqua (sia del rubinetto che in bottiglia), scoprendo che nessuna bevanda è priva di particelle inquinanti. I principali polimeri individuati sono polipropilene, polistirene, polietilene tereftalato e polietilene, materiali comunemente utilizzati per realizzare imballaggi alimentari e contenitori monouso.

La concentrazione di microplastiche più alta è stata trovata nel tè caldo, con una media di 60 particelle per litro, rispetto alle 31 particelle per litro del tè freddo. Questo dato ha portato i ricercatori a concludere che la temperatura influisce sulla migrazione delle particelle plastiche nelle bevande. Le bevande calde, infatti, risultano significativamente più contaminate rispetto a quelle fredde, a causa del rilascio più intenso di microplastiche dai contenitori.

Le microplastiche sono frammenti di materiale plastico di dimensioni comprese tra 1 micrometro (μm) e 5 millimetri, e sono ormai diffuse ovunque: nei mari, nei fiumi, nel suolo e persino nell’aria. Preoccupano per la loro capacità di accumularsi nell’organismo umano e di trasportare sostanze chimiche tossiche, con potenziali effetti negativi sulla salute, in particolare sul sistema endocrino, riproduttivo e immunitario.

Finora, la maggior parte delle ricerche si era concentrata sulla presenza di microplastiche nell’acqua potabile, sia quella del rubinetto che in bottiglia. Questo nuovo studio, invece, amplia il quadro valutando la contaminazione nelle principali bevande di largo consumo, confermando che anche tè, caffè, bibite e succhi possono contribuire all’esposizione giornaliera dell’essere umano a queste sostanze invisibili.

Secondo i risultati, l’esposizione media giornaliera calcolata sarebbe pari a 1,65 microplastiche per chilogrammo di peso corporeo al giorno. Questo significa che un adulto di 70 kg ingerisce, solo tramite le bevande, oltre 115 particelle di microplastica al giorno, un dato che si aggiunge a quanto già assorbito tramite alimenti e aria.

Il metodo utilizzato per identificare i polimeri è stato quello della spettroscopia, accompagnato da imaging microscopico per determinare forma, dimensione e quantità delle particelle. In totale sono stati analizzati 31 prodotti in vendita nel Regno Unito, con cinque campioni per ciascun prodotto, tutti inviati in laboratorio per la misurazione delle microplastiche.

I risultati hanno mostrato che la maggior parte delle particelle rilevate erano frammenti compresi tra 10 e 157 micrometri. Il polipropilene, uno dei materiali plastici più usati negli imballaggi per alimenti, è risultato il polimero più comune tra quelli identificati nei campioni.

I ricercatori sottolineano che i materiali plastici a contatto diretto con gli alimenti sono una delle principali fonti di contaminazione, e che la gestione del packaging deve essere urgentemente ripensata. La crescente evidenza scientifica sta spingendo molti esperti a chiedere normative più restrittive sull’uso della plastica nei contenitori alimentari, soprattutto per le bevande calde, che favoriscono il rilascio delle particelle.

La contaminazione da microplastiche non riguarda solo le bevande. Studi precedenti hanno già evidenziato la presenza di queste particelle nei polmoni, nel sangue e persino nel cervello umano. Le ricerche in corso stanno anche indagando l’effetto delle microplastiche sulla resistenza agli antibiotici, aprendo scenari ancora più preoccupanti sul fronte della salute pubblica.

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Ultimo Aggiornamento: 15/10/2025 07:43

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