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Vestiti tossici, in Italia lo studio shock: i tessuti a cui fare attenzione. Come riconoscerli

Pubblicato: 15/10/2025 15:16

I vestiti che indossiamo ogni giorno possono contenere sostanze nocive per la salute. «Per produrre i tessuti si utilizzano diverse sostanze chimiche», spiegano gli esperti del portale scientifico “Dottore ma è vero che…?”, realizzato dalla Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri). Il processo industriale, dicono, «è in continua evoluzione: oggi alcune sostanze sono state vietate e sostituite con composti più sicuri», ma non è sempre facile per il consumatore capire cosa si nasconde nei capi acquistati. L’analisi evidenzia che, sebbene esistano restrizioni su metalli come mercurio, cadmio, piombo, nichel e cromo, e siano vietati coloranti e solventi classificati come cancerogenile etichette dei vestiti non riportano informazioni sugli additivi chimici o sulle quantità oltre le quali questi diventano pericolosi.

Sostanze tossiche anche nei tessuti naturali

Gli esperti avvertono che il rischio di contatto con sostanze tossiche non riguarda solo i tessuti sintetici, ma anche quelli naturali, compresi i prodotti destinati ai bambini. «Sta al singolo produttore scegliere se dare ulteriori informazioni sulle etichette», sottolineano, spiegando che per le persone allergiche sono nate certificazioni come “nickel free”, che garantiscono l’assenza di questo metallo potenzialmente irritante. Tuttavia, «non esiste una legislazione unica a tutela di chi acquista abbigliamento»: le norme variano a seconda del Paese di produzione e vendita. In Europa, la tutela dei consumatori è affidata al regolamento sui tessili, ma molti capi provenienti da Paesi extra UE sfuggono ai controlli, finendo comunque sul mercato.

Reazioni immediate ed effetti a lungo termine

Alla domanda su quali siano i rischi concreti per la salute, la risposta dei medici è chiara: «Occorre distinguere tra reazioni immediate ed effetti a lungo termine». Molte sostanze utilizzate nella produzione di abbigliamento possono infatti causare dermatiti da contatto o dermatiti allergiche, cioè reazioni del sistema immunitario che riconosce la sostanza chimica come estranea. Le dermatiti colpiscono più spesso le donne (67,8%) rispetto agli uomini (32,2%), probabilmente perché le donne indossano tessuti più vari e colori più intensi. Fortunatamente, si tratta di disturbi generalmente facili da curare: il medico di base o il dermatologo possono prescrivere la terapia più adeguata.

Come capire se è colpa dei vestiti

Per accertare che una reazione cutanea sia legata all’abbigliamento, esistono esami diagnostici specifici come il patch test, o test epicutaneo. «Si applicano sulla pelle piccoli campioni di sostanze potenzialmente sensibilizzanti – spiegano gli esperti – tra cui nichel, cromo e coloranti. È un esame indolore, ma richiede di tenere i cerotti con gli allergeni per 48-72 ore sul dorso». Al termine, il medico valuta eventuali reazioni cutanee e stabilisce la presenza di allergie.

I rischi invisibili dei “forever chemicals”

Tra le sostanze più preoccupanti per la salute umana ci sono i Pfas, composti chimici noti come “forever chemicals”perché non si degradano facilmente nell’ambiente. La Fnomceo spiega che «sono gruppi di migliaia di sostanze che non si decompongono: solo dopo mille anni la loro concentrazione sul suolo si riduce del 50%». Queste sostanze, usate per rendere i tessuti impermeabili o antimacchia, possono penetrare nell’organismo e accumularsi nel sangue. Uno studio condotto dall’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente ha dimostrato che i bambini sono particolarmente vulnerabili, poiché l’esposizione ai Pfas durante la crescita può compromettere il sistema immunitario e la funzionalità renale. Inoltre, «la presenza di queste sostanze nel sangue modifica anche l’età delle prime mestruazioni e potrebbe portare a future malattie cardiovascolari».
Gli esperti concludono con un monito: la salute passa anche attraverso le scelte di consumo. Informarsi sulle etichette, preferire marchi che garantiscono trasparenza e ridurre l’acquisto di capi a basso costo può essere il primo passo per proteggere noi stessi e l’ambiente.

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