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“Bast***”. Strage di carabinieri, gli insulti shock dopo l’orrore: frasi che fanno indignare

Pubblicato: 16/10/2025 13:43

Un urlo nel silenzio dopo il boato. È questa l’immagine che resta impressa nel caso di Maria Luisa Ramponi, la donna di Castel D’Azzano che, secondo quanto riportato da Il Mattino di Padova, avrebbe gridato ai carabinieri: “Ve l’avevo detto, bastardi”. Una frase che risuona ancora tra le macerie del casolare esploso la mattina del 13 ottobre, nella tragedia che è costata la vita ai militari Marco Piffari, Davide Bernardello e Valerio Daprà. I funerali di Stato si terranno domani, 17 ottobre, nella Basilica di Santa Giustina a Padova.

Un dramma che ha sconvolto l’Italia

Secondo le prime ricostruzioni, la donna si trovava sul tetto del casolare, armata di molotov, quando ha azionato la deflagrazione proprio mentre i carabinieri stavano eseguendo lo sgombero. L’edificio, ormai saturo di gas, è esploso in pochi istanti trasformandosi in una trappola mortale. I militari, entrati per la perquisizione, sono stati travolti dal crollo del pavimento. Paradossalmente, proprio loro – le vittime dell’esplosione – sono anche coloro che hanno salvato la donna da una morte certa.

Maria Luisa Ramponi dopo l'esplosione a Castel D’Azzano

La frase choc e il salvataggio tra le fiamme

“Ve l’avevo detto, bastardi”. È la frase che Maria Luisa Ramponi avrebbe urlato mentre, ferita e intrappolata al piano superiore, resisteva in piedi su un frammento di pavimento ancora intatto. Intorno a lei, solo fiamme e macerie. I carabinieri superstiti si sono arrampicati tra i detriti per raggiungerla, l’hanno sollevata e portata in salvo, consegnandola al personale del 118. Le sue condizioni restano gravi e, se sopravviverà, dovrà affrontare un processo insieme ai fratelli, accusati di strage.

Il piano e il ruolo della donna

Per gli inquirenti, Maria Luisa sarebbe stata la vera mente del gesto estremo. Avrebbe deciso di “immolarsi per la causa”, assumendo il ruolo di kamikaze anche per i fratelli Franco e Dino. Secondo le indagini, sarebbe stata lei a ordinare di aprire le bombole e ad appostarsi sul tetto per azionare le molotov, mentre convinceva i fratelli a uscire all’ultimo momento. Dopo l’esplosione, Franco avrebbe tentato la fuga, ma è stato rintracciato poco dopo grazie a una vasta operazione dei militari.

Carabinieri morti nell’esplosione di Castel D’Azzano

Una casa trasformata in un fortino

Da tempo, la casa dei Ramponi era al centro di una lunga vicenda legata ai debiti familiari. Le finestre erano protette da inferriate, l’ingresso rinforzato, e all’interno gli investigatori hanno trovato cinque bombole di gas quasi completamente svuotate. L’intervento dei carabinieri era stato programmato all’alba, dopo diversi tentativi di sgombero falliti e precedenti episodi di minacce da parte dei fratelli.

Il dopo-esplosione e l’Italia in lutto

Subito dopo il boato, decine di pattuglie sono intervenute da Villafranca e Verona. Un centinaio di uomini ha circondato l’area per bloccare ogni via di fuga. Dino è stato catturato quasi subito, mentre Franco è stato trovato poco lontano, disteso su un prato. Entrambi si trovano ora in carcere, mentre la sorella è piantonata in ospedale.

La procura di Verona ha dato il via libera ai funerali dei tre carabinieri, previsti per domani alle 16 a Padova, con la presenza delle più alte cariche dello Stato. Oggi, nella sede della Legione Veneto, è stata allestita la camera ardente per rendere omaggio ai militari caduti. Una tragedia che lascia un Paese intero a chiedersi come una disperazione familiare sia potuta diventare un gesto di follia e distruzione.

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