
È ufficiale: lo scrittore e opinionista televisivo dovrà comparire davanti ai giudici per le dichiarazioni rilasciate nell’agosto del 2024 contro due giornalisti italiani. La decisione arriva dal tribunale di Milano, che ha esaminato i video pubblicati sul canale YouTube di Nicolai Lilin tra il 16 e il 20 agosto di quell’anno. In quei filmati, il noto autore moldavo aveva pronunciato parole considerate da molti gravemente offensive e potenzialmente minacciose, provocando un’ondata di indignazione nel mondo dell’informazione.
Frasi choc e accuse di istigazione alla violenza
Tra i passaggi più discussi dei video, Lilin aveva usato espressioni come: “Se un giorno vi troverete un po’ di polonio nel tè, sappiate che vi siete scavati la fossa da soli (…) A questi due deficienti dei nostri giornalisti Rai che sono andati lì con i terroristi (…) e che hanno fatto questo schifoso lavoro di propaganda filonazista (…) il mio augurio è di stare molto attenti. Non accettate il tè dalla gente sconosciuta”. Secondo l’accusa, tali parole superano i limiti della libertà di espressione e si configurano come una vera e propria istigazione alla violenza.

I bersagli delle accuse: Stefania Battistini e Simone Traini
I destinatari delle frasi incriminate erano l’inviata Rai Stefania Battistini e il suo operatore Simone Traini. I due giornalisti, impegnati in un reportage dall’Ucraina, avevano documentato un’incursione dei soldati di Kiev in territorio russo. La loro missione, iniziata il 14 agosto 2024, aveva scatenato la reazione delle autorità di Mosca: il Tribunale distrettuale Leninsky di Kursk emise un mandato d’arresto internazionale nei loro confronti, accusandoli di essere “entrati illegalmente nella Federazione Russa”.

Solidarietà dei colleghi e tensione internazionale
In Italia, la Rai e le principali organizzazioni giornalistiche si schierarono subito a difesa di Battistini e Traini, che da allora vivono sotto scorta. Il caso divenne simbolo della fragilità della libertà di stampa in tempi di conflitti e tensioni geopolitiche, sollevando un ampio dibattito sul ruolo dei reporter nelle zone di guerra e sulla protezione dei professionisti dell’informazione.
Le nuove dichiarazioni di Lilin e la posizione della procura
Nel corso dei suoi video, Lilin aveva anche evocato i servizi segreti militari russi (GRU), affermando: “State certi che in due, tre, cinque anni comunque vi troveranno. E vi faranno a pezzi a loro modo, ovviamente io dico in modo metaforico…”. Per la procura, si tratta di affermazioni che non possono essere considerate semplici provocazioni.


Un processo atteso e mediaticamente sensibile
La pubblica ministera Francesca Crupi ha deciso di portare la vicenda in tribunale, ritenendo che vi siano elementi sufficienti per procedere. Saranno quindi i giudici a stabilire se le dichiarazioni di Lilin costituiscano diffamazione aggravata o istigazione a delinquere. Si prevede un processo molto seguito, che affronterà temi cruciali come i limiti del diritto di critica, la responsabilità pubblica delle figure mediatiche e la tutela dei giornalisti in contesti di guerra.

La difesa dello scrittore e il dibattito sulla libertà di parola
Dal canto suo, Nicolai Lilin si dice sereno. La sua avvocata, Eleonora Piraino, ha dichiarato: “Abbiamo fiducia nella giustizia che esaminerà questo caso”. L’autore di Educazione siberiana ribadisce di aver espresso soltanto un’opinione personale, senza alcuna intenzione di incitare alla violenza.
Libertà d’espressione e responsabilità pubblica
Il procedimento giudiziario in arrivo promette di aprire un dibattito complesso e necessario: dove finisce la libertà di parola e dove inizia l’incitamento all’odio? In un’epoca in cui le parole circolano in modo virale, la questione assume un peso ancora maggiore, soprattutto quando a parlare è una figura pubblica con grande seguito. L’esito del processo potrebbe segnare un precedente importante per la tutela dei giornalisti e per i limiti del linguaggio nel dibattito pubblico.