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“Il vulcano zombie si è svegliato, rischio eruzione esplosiva!”. L’allarme degli scienziati: cosa succede

Pubblicato: 20/10/2025 13:47
vulcano zombie eruzione esplosiva

Per secoli è rimasto un gigante silenzioso, una vetta imponente che sovrastava il paesaggio desertico senza dare segni di vita. Una montagna apparentemente spenta, priva di pericoli, incastonata tra gli altopiani dell’Asia sud-occidentale. I suoi fianchi erosi dal tempo e il cratere apparentemente innocuo hanno convinto molti che fosse solo un colosso geologico del passato, ormai inoffensivo. Ma la natura, a volte, conserva le sue energie più potenti proprio dove sembrano essersi estinte.
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Oggi, quel silenzio millenario sembra essersi incrinato. Dai laboratori delle università internazionali fino alle immagini satellitari che scrutano il suolo della Terra, i segnali sono sempre più evidenti: qualcosa sta cambiando nelle viscere di una delle strutture vulcaniche più antiche della regione iranica. E questo cambiamento preoccupa non poco la comunità scientifica.

Taftan, il vulcano silente che si sta risvegliando

Il protagonista di questa preoccupante riscoperta geologica è il vulcano Taftan, uno stratovulcano alto quasi 4.000 metri situato nell’Iran sud-orientale, al confine con il Pakistan. Secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters, questo gigante dormiente — che da circa un milione di anni non dava segni di attività eruttiva rilevante — sta mostrando chiari segni di risveglio.

La ricerca, condotta da un team guidato dalla Stazione Vulcanologica delle Canarie (IPNA-CSIC) in collaborazione con le università di Hong Kong e Berlino, ha analizzato il comportamento del vulcano tra il 2023 e il 2024, utilizzando sofisticate misurazioni radar satellitari (InSAR). I risultati parlano chiaro: la sommità del vulcano Taftan sta subendo un rigonfiamento significativo, con picchi fino a 11 centimetri all’anno, segno evidente che magma e gas stanno aumentando di pressione all’interno del sistema vulcanico.

Un “respiro profondo” che può precedere l’eruzione

I ricercatori hanno descritto il comportamento del vulcano come una sorta di “respiro profondo”, fatto di fasi di rigonfiamento alternate a emissioni di gas. Il dato più allarmante, tuttavia, è che questo rigonfiamento non è stato causato da eventi esterni, come terremoti o precipitazioni estreme, che possono destabilizzare i sistemi vulcanici: si tratta quindi di un fenomeno spontaneo, sintomo di un’attività interna non innescata da fattori esogeni.

Sono state formulate due ipotesi principali per spiegare il fenomeno: o un accumulo superficiale di gas nel sistema idrotermale, o – più preoccupante – una nuova intrusione magmatica profonda, che starebbe pressurizzando il sistema dal basso, a diverse centinaia di metri di profondità. In entrambi i casi, lo scenario ipotizzato porta a un aumento del rischio di un’eruzione potenzialmente esplosiva, se la pressione dovesse continuare ad aumentare senza sfogo.

Una minaccia sottovalutata per l’area del Makran

Il Taftan è l’unico vulcano considerato ancora “attivo” nella regione dell’arco vulcanico del Makran, che si estende tra Iran e Pakistan. Tuttavia, la sua attività storica è stata minima: l’ultima eruzione significativa risale a circa 700.000 anni fa, e da allora sono stati registrati solo episodi minori, come emissioni di fumo nel 1902 e una colata lavica non confermata nel 1993. Questa lunga inattività ha portato le autorità locali e le istituzioni scientifiche a considerare il Taftan un vulcano marginale, con una sorveglianza minima e sporadica.

Oggi, alla luce delle nuove scoperte, gli scienziati mettono in guardia: “Il Taftan è più attivo di quanto si pensasse”, dichiarano gli autori dello studio. E sebbene non ci sia un’eruzione imminente, il rischio vulcanico dell’area deve essere rivalutato con urgenza. Questo include l’installazione di reti permanenti di monitoraggio, l’aggiornamento delle mappe di rischio e la sensibilizzazione della popolazione locale.

Un pericolo reale per villaggi e città vicine

Il possibile risveglio del vulcano Taftan non è solo un fatto scientifico: rappresenta una minaccia concreta per la popolazione residente nella regione. Alle sue pendici si trovano infatti villaggi rurali, tra cui Ziyarat, noto anche come luogo di pellegrinaggio religioso, e la città di Khash, che dista meno di 50 chilometri dal cratere. In caso di attività eruttiva, anche di media intensità, gli effetti potrebbero essere devastanti per queste comunità, in un territorio già fragile dal punto di vista infrastrutturale e ambientale.

La carenza di piani di evacuazione, la scarsa copertura dei sistemi di allerta e la mancanza di una strategia di comunicazione del rischio rendono questo scenario altamente vulnerabile, secondo gli esperti. Per questo motivo, la pubblicazione di questi nuovi dati rappresenta un campanello d’allarme non più ignorabile.

Un monito alla comunità scientifica e politica

Il caso del Taftan è emblematico di quanto possa essere pericolosa la sottovalutazione del rischio vulcanico in aree apparentemente stabili. Il concetto stesso di “vulcano dormiente” può essere fuorviante se non accompagnato da una vigilanza scientifica costante, in grado di rilevare i segnali più deboli di attività sotterranea.

Lo studio pubblicato da IPNA-CSIC e dalle università partner è un invito alla comunità scientifica internazionale e ai governi locali a investire nella prevenzione, anziché reagire a disastri già avvenuti. In un’epoca in cui la tecnologia consente monitoraggi in tempo reale anche a grandi distanze, non ci sono più scuse per ignorare ciò che accade nel sottosuolo.

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