
Si è presentato spontaneamente dai carabinieri di via Moscova, a Milano. Ha raccontato la sua verità con calma, senza esitazioni. Un uomo che sostiene di essere il reale proprietario del celebre scontrino del parcheggio di Vigevano, datato 13 agosto 2007, giorno dell’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco. Un euro per un’ora di sosta in piazza Sant’Ambrogio, alle 10.18. Un dettaglio che oggi potrebbe cambiare di nuovo tutto, gettando nuove ombre sull’alibi di Andrea Sempio.
L’uomo, definito “persona informata sui fatti”, ha dichiarato che quello scontrino non appartiene né a Sempio né ai suoi familiari. Secondo quanto trapelato, sarebbe addirittura il vero intestatario del ticket. La sua testimonianza è ora al vaglio della Procura di Pavia, dove il procuratore aggiunto Stefano Civardi e le pm Giuliana Rizza e Valentina De Stefano conducono una nuova indagine che, ancora una volta, rimette in discussione il primo verdetto. E apre un altro fronte nella lunga inchiesta.

Quel biglietto del parcheggio fu consegnato da Sempio ai carabinieri il 4 ottobre 2008, oltre un anno dopo il delitto. In un successivo interrogatorio, nel febbraio 2017, lo stesso Sempio raccontò di averlo ricevuto dai genitori, che l’avrebbero trovato sulla macchina qualche giorno dopo il fatto. «Mia madre disse: “Per sicurezza teniamolo”», aveva spiegato. E fu così che lo scontrino finì al centro di una delle piste più controverse dell’intero caso.
Ma a complicare tutto ci si è messo anche il comportamento di Daniela Ferrari, madre di Sempio, ascoltata in caserma ad aprile 2025. Proprio durante le domande su quel ticket e sull’amicizia con il vigile del fuoco Antonio B., Ferrari ebbe un malore. Secondo l’ipotesi investigativa, quella mattina – domenica 13 agosto 2007 – lei avrebbe visto l’uomo e poi riconsegnato l’auto al figlio, in orari che oggi tornano di nuovo sotto la lente, con tutti i dubbi sui movimenti di Andrea Sempio.
Il quadro si complica quando emergono incongruenze tra le versioni fornite ai magistrati. «Ne abbiamo cannata una però», avrebbe detto uno dei familiari, «che io ho detto che lo scontrino era stato ritrovato dopo che ero stato sentito, e tu hai detto che l’abbiamo ritrovato prima». Frasi contenute in alcuni appunti scoperti in casa Sempio, e che hanno riacceso i sospetti su un possibile insabbiamento già nel 2016.

La credibilità dell’alibi è tornata al centro anche delle dichiarazioni rilasciate da Fabrizio Gallo, avvocato dell’ex legale di Sempio, Massimo Lovati. Durante la trasmissione “Ignoto X” su La7, Gallo ha dichiarato: «Se lui continua a usare quello scontrino, va contro un muro: lo scontrino è falso». Parole pesanti che riaprono uno scenario in cui la linea tra verità e depistaggio sembra ancora una volta sottilissima.
Nel frattempo, la Procura di Brescia indaga su un altro filone, ipotizzando persino il reato di corruzione in atti giudiziari, legato alla prima archiviazione firmata dal gip Fabio Lambertucci. Una scelta sulla quale oggi si punta il dito, così come sulla gestione dell’inchiesta da parte dell’allora procuratore Mario Venditti. Il caso Garlasco, insomma, non ha mai smesso di essere una ferita aperta.
«Mi sento come un soldato in trincea», ha dichiarato Andrea Sempio in un’intervista che andrà in onda a “Chi l’ha visto?”, realizzata da Vittorio Romano. «Aspetto, può capitare di tutto. Sei rassegnato, e aspetti che passi». Frasi che raccontano lo stato d’animo di un uomo che, nonostante tutto, continua a professarsi estraneo ai fatti. Ma che oggi vede crollare un pezzo importante del suo alibi.
Il mistero dello scontrino di piazza Sant’Ambrogio resta al centro dell’inchiesta. In un caso che ha visto già un condannato – Alberto Stasi, in carcere per l’omicidio – e ora potrebbe riservare colpi di scena inaspettati. A distanza di 18 anni, l’ombra di Garlasco continua a inquietare le aule di giustizia italiane.