
Ci sono immagini che restano impresse per la loro dolcezza e autenticità: un sorriso durante un concerto, uno scatto in camerino prima di salire sul palco, un momento di leggerezza con il pubblico. E poi ci sono quelle stesse immagini che, trasformate e manipolate, diventano il contrario: strumenti di violenza, offesa e umiliazione. È ciò che è accaduto a Cristina D’Avena, la voce che ha segnato l’infanzia di intere generazioni, oggi sconvolta dopo aver scoperto che il suo volto è stato utilizzato in fotomontaggi pornografici diffusi online senza il suo consenso.
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“Quando ho visto quelle foto mi si è gelato il sangue – racconta –. Non riuscivo a credere che qualcuno potesse prendere scatti veri, momenti belli della mia vita, e trasformarli in qualcosa di così degradante.” Parole che racchiudono tutta la disperazione di chi, da sempre, ha costruito la propria carriera sull’immagine di purezza e positività, e che oggi si trova a dover fare i conti con un uso distorto e violento della tecnologia.
Il caso Social Media Girls
Le immagini incriminate circolano sulla piattaforma Social Media Girls, al centro di un’inchiesta che ha rivelato l’uso dell’intelligenza artificiale per creare contenuti pornografici falsi a partire da foto reali. Nelle chat e nei forum collegati, utenti anonimi caricano scatti di personaggi famosi per poi manipolarli, spogliandoli virtualmente.

Tra le vittime di questo fenomeno c’è anche Cristina D’Avena, che al Corriere della Sera ha raccontato lo shock della scoperta e la fatica di elaborare ciò che le è accaduto. “All’inizio non volevo nemmeno commentare – spiega –. Mi sembrava troppo assurdo. Poi ho capito che dovevo far sentire la mia voce.”
La cantante sottolinea che quelle non sono foto reali, ma ciò non diminuisce il dolore. “Non sono io, ma hanno rubato foto autentiche, scatti fatti in momenti felici, e li hanno sporcati. C’è una foto che avevo pubblicato mentre mi truccavo in camerino prima di uno spettacolo: ora è diventata una foto porno. Mi disgusta anche solo dirlo.”
Il dolore e la rabbia di Cristina D’Avena
Nelle sue parole si mescolano tristezza, incredulità e rabbia. Cristina D’Avena ha sempre difeso con fermezza la propria immagine, evitando qualsiasi forma di scandalo o esposizione mediatica forzata. “Per tutta la mia vita ho cercato di non dare adito a scandali – confessa –. Ho sempre voluto essere un esempio pulito. Anche quando i paparazzi cercavano di cogliermi in situazioni private, io stavo attenta. Non prendevo il sole in topless nemmeno a casa mia.”
Oggi, però, si trova costretta a difendersi da un’aggressione diversa: quella virtuale, invisibile ma devastante. “E ora mi ritrovo il volto su immagini del genere. È devastante, psicologicamente. Ti senti derubata della tua dignità.”
Il sentimento di vergogna lascia presto il posto alla consapevolezza di essere una vittima, non una colpevole. “Non provo vergogna – chiarisce – perché so che il corpo non è mio. Ma vedere la mia faccia su quei corpi, in quelle pose, mi fa schifo. Mi spaventa. È come se avessero sporcato non solo la mia immagine pubblica, ma anche la mia vita reale, i miei ricordi.”
Una ferita profonda nell’era digitale
Il caso di Cristina D’Avena rappresenta uno dei volti più drammatici di una piaga sempre più diffusa: la pornografia deepfake, realizzata grazie a software di intelligenza artificiale generativa che permette di sovrapporre i volti delle persone su corpi nudi o in atti sessuali. Un fenomeno che colpisce celebrità, influencer ma anche persone comuni, e che mette in discussione il concetto stesso di privacy e identità.
Per chi subisce questo tipo di violenza digitale, la ferita non è solo pubblica ma anche personale. “È come se ti violassero due volte – spiegano spesso le vittime –: una, nella sfera privata, e l’altra davanti a un pubblico anonimo che guarda, condivide, commenta.” Cristina D’Avena lo descrive con parole semplici ma potenti: “Mi hanno sporcato. Mi hanno rubato la serenità.”

L’urlo di dolore di un simbolo
Per decenni, Cristina D’Avena è stata una figura simbolo della leggerezza e della spensieratezza: la voce dei cartoni animati, l’interprete di sigle che hanno accompagnato l’infanzia di milioni di italiani. Oggi la sua storia assume un valore diverso: quello di un monito contro la violenza digitale che travolge senza pietà anche chi ha costruito un’immagine limpida e rispettata.
“Non sono foto vere, ma il dolore è reale,” conclude la cantante. E nel suo racconto c’è la consapevolezza che nessuna tecnologia, per quanto sofisticata, dovrebbe avere il potere di distruggere l’integrità di una persona.
La vicenda di Cristina D’Avena non è solo un caso di cronaca, ma una riflessione amara sul potere oscuro della rete: uno spazio che può moltiplicare la bellezza, ma anche trasformarla in violenza. In questo scenario, la cantante non parla solo per sé, ma per tutte le donne a cui è stata sottratta la libertà di essere viste per ciò che sono, e non per ciò che qualcuno decide di creare.


