
Mauro Coruzzi, per tutti Platinette, compie 70 anni e lo fa con la consueta lucidità ironica che gli ha permesso di attraversare decenni di televisione, radio e costume italiano. Racconta di aver superato due ictus in pochi mesi, uno ischemico e uno emorragico, e lo dice con il tono che lo ha reso unico: il suo “cervello è come un Emmental, pieno di buchi”, ma i neuroni superstiti hanno deciso di lavorare al doppio della velocità pur di tenerlo in piedi.
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Due anni fa la malattia avrebbe potuto cancellarlo dalla scena pubblica. Invece oggi rivendica la sopravvivenza come atto politico, esistenziale e persino televisivo. “Sono ancora viva” ripete, come se fosse una sfida a chi lo aveva già archiviato.

Una carriera chiusa, una libertà ritrovata
Dopo cinquant’anni di contributi, Platinette si definisce “ufficialmente in pensione”, senza rimpianti: ora può concedersi il lusso di non dover accettare qualsiasi lavoro per restare visibile. Guarda al passato senza nostalgia: dalle radio libere alla televisione di massa, dal travestitismo dissacrante ai talk show dove era chiamato a dire ciò che gli altri non osavano dire.
Nella sua autobiografia verbale riaffiorano il padre segnato dalla guerra, la madre che lavava in silenzio i suoi abiti femminili, gli amori mancati che “ti graffiano il cuore per sempre proprio perché non li avrai mai”.
La fine degli opinionisti
Coruzzi parla a cuore aperto della tv di oggi: non c’è più spazio per figure come la sua. Gli opinionisti – sostiene – sono diventati “residuati bellici”, soppiantati da format veloci, ospiti preconfezionati e un clima ipersensibile al politicamente corretto. La tv degli anni in cui Maurizio Costanzo lo lanciava in battaglia “come Don Chisciotte contro i boriosi” non esiste più.
Riconosce solo un’eccezione nel presente: Barbara d’Urso, che definisce “l’ultima vera diva, con la resistenza dell’acciaio”. Il resto, dice, è un sistema che “non vuole più corpi e cervelli ingombranti”.

Politicamente scorretto fino in fondo
Platinette resta fedele al suo stile: rifiuta il matrimonio egualitario (“è una parodia di quello etero”), considera il Pride depotenziato, ammette di essersi pentito solo di una cosa – aver detto no a un cameo in un film di Rocco Siffredi. In bilico tra provocazione, lucidità e disincanto, conclude: “Platinette vive ancora, ma in equilibrio precario con Mauro Coruzzi”.
E poi la frase che chiude tutto, come una firma: “Sono ancora viva, e tanto basta”


