
L’aerobase militare di Ghedi, situata a circa 25 chilometri da Brescia, torna al centro dell’attenzione dopo l’atterraggio di un gigantesco cargo militare americano. La base, già considerata un obiettivo sensibile in passato, ospita elementi cruciali per la deterrenza nucleare della NATO.
L’arrivo del C-17 Globemaster III
Nel pomeriggio di ieri, 4 novembre, alle ore 15:48, è atterrato all’aerobase di Ghedi un cargo militare americano C-17 Globemaster III. Il velivolo, le cui misure sono imponenti (54 metri di lunghezza e 50 di apertura alare), è noto per essere l’unico certificato per il trasporto delle bombe atomiche B61/12.
Il percorso del maxi cargo è stato tracciato: era decollato il 2 novembre dall’aeroporto di Tacoma (USA), aveva fatto scalo a Ramstein (Germania), e ieri mattina era ripartito da Uden, in Olanda, per giungere alla sua destinazione finale a Ghedi.
Ghedi: Base sensibile e il “Nuclear Sharing”
L’aerobase di Ghedi, pur non essendo formalmente una base NATO, è considerata un obiettivo di alto profilo per la sua presunta funzione strategica.
- Banche di armi nucleari: Secondo rapporti americani circolati negli anni, la base ospiterebbe circa 20 bombe atomiche statunitensi, con una potenza stimata tra i 50 e i 100 chilotoni ciascuna. Queste armi sarebbero sotto controllo italiano in adesione al programma “NATO Nuclear Sharing”.
- Rischio potenziale: L’attività della base rende Ghedi un obiettivo potenzialmente sensibile in caso di escalation internazionale.
- Sesto Stormo: A Ghedi risiede anche il Sesto Stormo dell’Aeronautica Militare, un reparto di interdizione specializzato nell’intercettazione e distruzione di caccia bombardieri nemici, equipaggiato con i caccia multiruolo “Tornado”.
L’arrivo del Globemaster III conferma la centralità e la potenziale criticità strategica della base, su cui pende il monito di un rapporto di Greenpeace secondo cui le bombe B61/12 custodite a Ghedi potrebbero potenzialmente causare tra i 2 e i 10 milioni di morti.


