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Anna Laura Braghetti, morta l’ex Br coinvolta nel sequestro di Aldo Moro

Pubblicato: 06/11/2025 09:32
morta pezzo storia Italia

Si è spenta all’età di 72 anni Anna Laura Braghetti, una delle figure più controverse della storia italiana recente, nota per il suo ruolo nelle Brigate Rosse e per la partecipazione al rapimento di Aldo Moro. La donna è morta dopo una lunga malattia, circondata dall’affetto dei suoi familiari e amici più vicini. A darne notizia è stata la sua famiglia con un breve comunicato: «Ci ha lasciati la nostra cara Anna Laura, circondata dall’amore dei familiari e degli amici. I funerali si svolgeranno in forma strettamente riservata».
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La notizia della sua scomparsa riapre uno dei capitoli più dolorosi e complessi della storia repubblicana, legato agli anni di piombo, al terrorismo politico e alle ferite ancora vive di un Paese che ha dovuto confrontarsi con la violenza interna e con il peso di scelte ideologiche estreme.

Dalle Brigate Rosse alla prigionia di Aldo Moro

Anna Laura Braghetti era entrata giovanissima nelle Brigate Rosse, l’organizzazione armata di estrema sinistra responsabile di numerosi attentati, sequestri e omicidi tra gli anni Settanta e Ottanta. All’interno del gruppo aveva ricoperto un ruolo centrale: fu una delle custodi di Aldo Moro, il presidente della Democrazia Cristiana rapito il 16 marzo 1978 in via Fani, a Roma, e assassinato 55 giorni dopo in una delle pagine più drammatiche della storia italiana.

Durante il sequestro, la Braghetti aveva vissuto insieme a Moro nella base di via Montalcini, la prigione del popolo, dove il leader politico fu tenuto segregato fino al tragico epilogo. La sua figura divenne simbolo di quella parte delle Brigate Rosse che, dietro la disciplina militante, nascondeva una freddezza ideologica totale, pronta a sacrificare ogni valore umano in nome della rivoluzione armata.

Ma il nome di Anna Laura Braghetti è legato anche all’omicidio di Vittorio Bachelet, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, assassinato a Roma nel 1980. Un altro capitolo che segnò profondamente la memoria collettiva del Paese.

La condanna e la rinascita nel sociale

Condannata a ventisei anni di carcere, Braghetti ha trascorso gran parte della sua vita dietro le sbarre, dove con il tempo ha avviato un percorso di riflessione e trasformazione personale. Negli ultimi anni della detenzione si era impegnata attivamente nel volontariato, dedicandosi in particolare all’assistenza ai detenuti e alle persone in difficoltà.

Il suo cambiamento era stato accompagnato da un percorso culturale e umano profondo: aveva studiato, scritto e collaborato con diverse realtà del terzo settore, cercando di restituire parte di ciò che aveva sottratto con la violenza. Pur restando una figura divisiva, molti avevano riconosciuto in lei la volontà autentica di riscatto, lontana dai clamori mediatici e dalle giustificazioni ideologiche.

Una figura controversa nella memoria collettiva

La morte di Anna Laura Braghetti riporta alla mente un periodo in cui l’Italia era attraversata da odio politico, lotta armata e contrapposizioni radicali. La sua storia personale rimane intrecciata a quella di un Paese che ha dovuto fare i conti con i limiti del perdono e con il significato della giustizia.

Negli ultimi anni, l’ex brigatista aveva scelto il silenzio, preferendo un’esistenza discreta e lontana dai riflettori. La sua vita dopo il carcere era dedicata a progetti sociali e di reinserimento, soprattutto nel mondo del volontariato. Chi l’ha conosciuta negli ultimi tempi la descriveva come una donna segnata, ma profondamente consapevole del proprio passato.

Il saluto della famiglia

Nel breve messaggio diffuso dai familiari, non ci sono riferimenti al passato politico, solo l’immagine di una donna accolta nell’ultimo abbraccio dei suoi cari: «Ci ha lasciati la nostra cara Anna Laura, circondata dall’amore dei familiari e degli amici. I funerali si svolgeranno in forma strettamente riservata. La sua comunità degli affetti».

Con la sua scomparsa, Anna Laura Braghetti lascia un’eredità complessa, sospesa tra memoria storica, colpa e riscatto umano. La sua vita, segnata dal peso degli anni di piombo e da una lenta riconciliazione con la società, resta una testimonianza del percorso difficile e tormentato di chi ha scelto la violenza e ha poi cercato, fino all’ultimo, una forma di pace interiore.

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