
Non è facile restare a galla quando il mare politico si increspa, ma Capitan Ficus – alias Roberto Fico, come viene definito da Libero – ha deciso comunque di prendere il largo. Stavolta non sulle battaglie grilline della prima ora, ma sulla sua Paprika, lo yacht da 34 piedi ormeggiato a Procida dopo un passato turbolento nei porti di Nisida, dove l’ancora avrebbe sostato su un’area militare della Guardia di finanza. Un parcheggio d’élite, definito «abusivo» dagli avversari, su cui l’ex presidente della Camera respinge ogni accusa come «illazioni».
Il problema, però, non è il mare. È la terraferma, dove il senatore di Fratelli d’Italia Antonio Iannone fa notare che Fico, da ex terza carica dello Stato, era tenuto per legge a dichiarare ogni variazione del proprio patrimonio. «È sicuro di aver rispettato l’articolo 4 della legge del 1982?», incalza. «Dalla documentazione pubblicata dalla Camera non risulta traccia della barca».
Un dettaglio che per Iannone diventa un «fatto grave», al punto da parlare di «indegnità istituzionale».
E così il moralizzatore del “uno vale uno”, quello dello zaino in spalla e del “vado a piedi”, oggi si ritrova al centro di una storia che sa di lusso e retroscena imbarazzanti. Non è la barca a far rumore, ma i silenzi: a partire dalla domanda, brutale nella sua semplicità, del senatore Maurizio Gasparri: «Fico non lavora da anni: come l’ha comprata questa barca?».
Ma il capitolo più controverso riguarda la scorta. Per 18 mesi, raccontano fonti parlamentari, Fico avrebbe goduto di un dispositivo “misto”, metà romano e metà napoletano, costato circa centomila euro in più del normale. Uno degli agenti lo avrebbe persino seguito in aereo, armato: una tutela surreale, più vicina alla protezione di un capo di Stato che a quella di un ex presidente della Camera. Quando non poteva imbarcare l’arma, l’agente viaggiava da solo per poi ricongiungersi a destinazione. Il tutto con alloggi della scorta in un quattro stelle di Posillipo, il quartiere dove vive Fico.
Scena lontana anni luce dall’immaginario dell’ascetismo grillino, che lo vedeva prendere l’autobus salutando i cittadini. Oggi, dicono i detrattori, avvicinarsi troppo rischia di significare imbattersi nella protezione statale.
Ora la scorta è tornata nella gestione ordinaria della Questura. Ma l’immagine di Capitan Ficus che parla di equità mentre la Paprika oscilla placida nel porto di Procida resta impressa nella memoria politica: un contrasto che, per i critici, ha il sapore di una incoerenza difficile da ignorare.


