
Le città, di notte, sembrano avere un respiro diverso. Le luci si allungano sull’asfalto, le voci si disperdono tra i palazzi e ogni angolo può trasformarsi in un frammento di storia, a volte leggera, altre volte drammaticamente pesante. È una sensazione che chiunque abbia passeggiato in un centro urbano dopo la mezzanotte conosce bene: quel mix di euforia, improvvisazione e vulnerabilità che accompagna la vita notturna.
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In mezzo a quella normalità apparente si muovono giovani, gruppi di amici, passanti distratti, persone che rincasano o che inseguono ancora l’ultimo drink. A volte gli incontri durano un istante, altre volte generano piccoli conflitti. Raramente, però, ciò che nasce da qualche parola scambiata per strada si trasforma in un episodio di violenza cieca. Ma in questa storia, invece, è proprio ciò che accade.
Dalla serata al pestaggio
Dal terzo paragrafo in avanti la vicenda cambia tono e prende forma in un luogo ben preciso: Milano, zona corso Como, dove cinque ragazzi arrivati da Monza e provincia decidono di prolungare la serata tra locali e tentativi di ingresso in discoteca. Sono due maggiorenni e tre minorenni, tutti incensurati, studenti di centri scolastici per il recupero anni. È qui che incrociano un ventiduenne che, dopo aver bevuto troppo, esce da una discoteca barcollando.
I cinque prima lo provocano, poi gli chiedono una sigaretta e infine del denaro da cambiare. Quando la vittima estrae una banconota, uno dei giovani gliela strappa e si allontana con il gruppo. Nonostante tutto, il ventiduenne decide di seguirli per recuperare la banconota. È un gesto istintivo, forse poco lucido, ma è l’ultimo momento in cui la situazione sarebbe ancora potuta tornare sotto controllo.

L’aggressione sotto i portici
La scena si sposta sotto i portici di un hotel, dove il ragazzo raggiunge il gruppo. La reazione dei cinque è immediata e brutale: tre di loro lo atterrano con una raffica di calci e pugni, mentre un quarto resta a guardare. Un quinto, riconoscibile da casco e giubbotto chiaro, arriva poco dopo, estrae un coltello e infligge due colpi alla vittima. Le ferite recidono un’arteria, perforano un polmone e lesionano il midollo spinale. Il ventiduenne perde quattro litri di sangue ed entra in condizioni critiche. Secondo i medici, è stato “a un passo dal decesso” e rischia ora una paralisi permanente.
L’identificazione grazie alle immagini
Le telecamere della zona, e poi il sistema Sari, permettono agli investigatori del commissariato Garibaldi-Venezia di identificare rapidamente uno dei cinque, un diciottenne. Attraverso di lui risalgono agli altri componenti del gruppo. Durante le perquisizioni del 29 ottobre vengono trovati i vestiti usati quella notte e il coltello. La mattina stessa, convocati in questura e ignari della presenza di microspie, i ragazzi lasciano frasi che gli inquirenti definiscono prive di qualsiasi senso di colpa.

Le intercettazioni in questura
Le registrazioni mostrano un atteggiamento sprezzante: si vantano commentando un video sui social relativo ad altri episodi violenti, accennano alla possibilità di costruire un falso pentimento da presentare ai giudici e arrivano a espressioni di cinismo assoluto, fino a ipotizzare che la morte della vittima sarebbe per loro un sollievo. Per gli investigatori, quelle frasi confermano una totale assenza di empatia e una percezione distorta delle conseguenze delle proprie azioni.
Le accuse e il presente della vittima
I cinque si trovano ora in custodia cautelare con l’accusa di tentato omicidio e rapina aggravata. Il quadro probatorio è solido: video, prove materiali, intercettazioni. Nel frattempo, il ventiduenne continua a lottare con una prognosi pesante e con un futuro segnato da danni irreversibili. Una vicenda che lascia sgomenta la città e apre interrogativi inquietanti sulla deriva di violenza in cui può precipitare, all’improvviso, una semplice notte in centro.


