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“Roba della Cia!”. Come ricattano Zelensky, la rivelazione in diretta: Gruber ammutolita

Pubblicato: 10/12/2025 09:03

Un botta e risposta particolarmente acceso ha animato l’ultima puntata di Otto e mezzo, dove Lilli Gruber e Lucio Caracciolo si sono confrontati sul tema della corruzione in Ucraina e sul presunto ruolo degli Stati Uniti nelle indagini che hanno portato alla luce nuovi elementi sul governo di Volodymyr Zelensky. Uno scambio breve ma denso, che ha immediatamente attirato l’attenzione del pubblico e riacceso il dibattito sul peso reale delle potenze occidentali nello scenario ucraino.
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A innescare la discussione è stata la conduttrice, che ha affermato: “Lo scandalo sulla corruzione in Ucraina emerge perché gli americani decidono a un certo punto…”. Una frase che lascia intendere un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nel rendere pubbliche le informazioni, ipotesi che Caracciolo non solo non ha smentito, ma ha rilanciato con toni ancora più netti.

La risposta del direttore di Limes è stata infatti immediata: “Perché gli americani sono loro che stanno conducendo le inchieste. Cioè, queste strutture non sono ucraine, sono roba della Cia o di altri servizi. Quindi sono loro che, avendo accumulato un bel po’ di materiale, stanno ricattando Zelensky”. Parole destinate a far discutere, soprattutto perché mettono in dubbio l’autonomia degli apparati investigativi ucraini e suggeriscono un possibile rapporto di forza squilibrato tra Kiev e Washington.

Le implicazioni politiche del confronto

Lo scambio tra i due evidenzia un punto che torna ciclicamente nel dibattito pubblico: quanto sia effettiva la sovranità ucraina mentre il Paese è impegnato in un conflitto e dipende dall’aiuto occidentale. Le affermazioni di Caracciolo, basate sulla distinzione tra strutture ucraine e presunte entità di intelligence statunitensi, sollevano il tema del controllo delle informazioni, nodo centrale in ogni contesto di guerra e diplomazia.

Secondo la ricostruzione esposta in diretta, le inchieste che avrebbero portato alla luce casi di corruzione non sarebbero dunque frutto di autonomi organi ucraini, ma di apparati occidentali che, avendo raccolto materiale a sufficienza, lo utilizzerebbero come leva nei confronti della leadership di Kiev. Da qui l’accusa di ricatto rivolta a Washington, un termine che in un contesto geopolitico già estremamente teso assume un peso enorme.

La posizione espressa da Gruber, meno esplicita ma ugualmente significativa, lascia intendere che la tempistica con cui certi scandali emergono potrebbe essere tutt’altro che casuale. Il dibattito torna così a concentrarsi sulla gestione delle informazioni e sulle strategie delle grandi potenze, che decidono quando rendere noti elementi potenzialmente destabilizzanti per un alleato.

Un dibattito destinato a proseguire

Il confronto tra Gruber e Caracciolo non si esaurisce nel brevissimo scambio andato in onda, ma apre una discussione più ampia sul ruolo della Cia, sulla dipendenza politica e militare dell’Ucraina e sull’uso della corruzione come strumento di pressione internazionale. L’eco delle loro parole continua a circolare, alimentando interrogativi sul bilanciamento dei rapporti tra Kiev e Washington.

In un contesto già segnato da tensioni, aiuti militari cruciali e un’opinione pubblica globale divisa, le frasi pronunciate a Otto e mezzo aggiungono un nuovo tassello al quadro delle relazioni tra Stati Uniti e Ucraina. E confermano quanto il tema della trasparenza e del controllo dell’informazione sia oggi uno dei terreni più delicati del confronto geopolitico.

Uno scambio di pochi secondi, dunque, ma destinato a lasciare tracce profonde nel dibattito politico e mediatico, soprattutto per la forza delle parole pronunciate e per le conseguenze che esse implicano sul piano internazionale.

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Ultimo Aggiornamento: 10/12/2025 09:28

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