
Sono passati dieci anni da quel 13 novembre 2015 che segnò un prima e un dopo nella storia europea. In poche ore, una serie di attacchi coordinati colpì il cuore di Parigi, provocando 130 morti e centinaia di feriti: uno dei peggiori attentati della storia moderna dell’Occidente, insieme all’11 settembre 2001 e all’11 marzo 2004.
La notte degli attacchi
L’Isis rivendicò una serie di azioni quasi simultanee in diversi punti della città:
– i ristoranti Le Carillon, Le Petit Cambodge, Bonne Bière,
– le esplosioni allo Stade de France, dove si giocava Francia-Germania,
– il massacro del Bataclan, il più atroce, durante il concerto degli Eagles of Death Metal.
Nel teatro, con 1.500 spettatori, tre terroristi fecero irruzione armati di kalashnikov e cinture esplosive, aprendo il fuoco sulla folla e prendendo ostaggi. Novanta persone furono uccise, molti sopravvissuti soffrono ancora oggi di disturbo post-traumatico da stress.
Le falle dell’intelligence
In seguito agli attacchi, emersero fatti sconcertanti: molti attentatori erano già noti ai servizi di sicurezza francesi.
– Abdelhamid Abaaoud, coinvolto nel commando del Carillon, era monitorato come jihadista attivo in Belgio.
– Omar Ismail Mostefai e Samy Amimour, tra gli aggressori del Bataclan, erano già segnalati da anni per radicalizzazione.
Malgrado questo, non furono adottate misure efficaci di sorveglianza, soprattutto sulle comunicazioni, che in alcuni casi avvenivano senza nemmeno essere criptate. Le tensioni tra Francia e Belgio, dove diversi membri della cellula vivevano e pianificavano, aggravavano la situazione. Salah Abdeslam, l’unico sopravvissuto del commando, riuscì a nascondersi per quattro mesi a Molenbeek prima dell’arresto nel marzo 2016.
Il nuovo allarme sventato: com’è cambiata la risposta antiterrorismo
Dieci anni dopo, lo scenario è mutato. La Francia ha rafforzato come mai prima cooperazione internazionale, capacità di intercettazione e infiltrazione delle reti jihadiste. Proprio in questi giorni è stato sventato un nuovo piano di attentato attribuito alla ex compagna di Abdeslam, la 27enne Maewa B., arrestata insieme a due giovani sospetti.
Secondo il pool antiterrorismo, la donna – radicalizzata, affascinata dalla jihad e in passato sposatasi per telefono con Abdeslam – stava pianificando un attacco, forse in occasione dell’anniversario dei massacri. Nella sua abitazione sono stati trovati supporti digitali con materiali estremisti e tracce di un progetto di azione violenta.
Salah Abdeslam e il dibattito sulla “giustizia riparativa”
Condannato all’ergastolo nel 2022, Abdeslam resta una figura centrale e controversa. Secondo la direttrice della DGSI Céline Berthon, il terrorista è ancora «radicalizzato e convinto» della propaganda jihadista. Ma la sua avvocata Olivia Ronen sostiene il contrario, ribadendo la volontà dell’uomo di intraprendere un percorso di giustizia riparativa e incontrare le vittime.
Una proposta respinta con sdegno da molti sopravvissuti, tra cui il direttore di Charlie Hebdo Laurent Sourisseau (Riss), che definisce l’idea «un approccio perverso».
Hollande: “La Francia oggi è più fragile”
Quella notte, l’allora presidente François Hollande si trovava allo Stade de France. Rievoca ancora oggi il momento in cui fu informato della prima esplosione, il timore di un attacco dentro lo stadio, la corsa al Bataclan mentre la situazione era ancora incerta.
Nel ricordare quei giorni, Hollande sottolinea come il terrorismo islamista abbia lasciato un segno profondo:
«È un veleno a lunga azione. Dieci anni fa vivevamo in una società più solida. Oggi la Francia è più fragile, più polarizzata, più esposta alle sue fratture interne».
Dieci anni dopo
L’Europa continua a fare i conti con quella notte.
Il trauma rimane, ma anche la consapevolezza che senza quelle falle nei servizi e senza l’inadeguatezza delle cooperazioni internazionali, la storia avrebbe potuto prendere un’altra strada.
Oggi la Francia sembra più attrezzata, più vigile, più pronta. Ma il 13 novembre resta ferita e monito: la sicurezza assoluta non esiste, e la memoria di chi ha perso la vita impone che non venga mai più sottovalutato alcun segnale.


