
La giunta per le autorizzazioni della Camera dei Deputati si appresta a discutere il caso degli insulti dell’ex sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi nei confronti di Rocco Casalino, ex portavoce di Giuseppe Conte. L’episodio risale al 30 gennaio 2020, quando Sgarbi, allora deputato, intervenne durante una puntata di Stasera Italia, attaccando alcuni esponenti del governo Conte II e definendo Casalino con l’espressione considerata offensiva di “checca inutile”.
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Il caso è tornato al centro dell’attenzione dopo la condanna in primo grado: nel 2023, Sgarbi è stato multato per mille euro per diffamazione. Durante il processo, il critico d’arte aveva cercato di difendersi sostenendo che la parola utilizzata non fosse offensiva e che il procedimento non fosse possibile in quanto, all’epoca dei fatti, era parlamentare. Gli avvocati di Sgarbi avevano argomentato che la vicenda rientrava nella libera manifestazione del pensiero e che, secondo la legge, un deputato non poteva essere processato senza autorizzazione della Camera.

La procedura alla Camera
La questione è ora nelle mani della Corte di Appello di Roma, che ha inviato l’incartamento alla Camera chiedendo formalmente l’autorizzazione a procedere nei confronti di Sgarbi. Mercoledì scorso si è riunito l’ufficio di presidenza della giunta e la prossima settimana sarà nominato un relatore che dovrà seguire il caso.
Fonti parlamentari indicano che il risultato finale potrebbe già essere definito: maggioranza e opposizione sembrerebbero orientate a votare all’unanimità per consentire il processo, evitando di “scudare” Sgarbi. Per i parlamentari coinvolti, gli insulti rivolti a Casalino non rientrano nella libera espressione del pensiero, ma costituiscono un atto diffamatorio perseguibile legalmente.
Il contesto e le implicazioni politiche
Il caso Sgarbi-Casalino rappresenta un esempio di come la giurisprudenza parlamentare e la normativa sulla diffamazione si intreccino con la libertà di espressione dei deputati. La vicenda evidenzia il ruolo della Camera nel decidere se autorizzare o meno il procedimento giudiziario nei confronti di un parlamentare, un passaggio previsto dalla legge per bilanciare la protezione dell’immagine dei cittadini con la funzione rappresentativa dei politici.
L’episodio ha anche un rilievo simbolico: Sgarbi, noto critico d’arte e figura di spicco nella politica italiana, finisce di nuovo sotto i riflettori, questa volta per un comportamento considerato offensivo nei confronti di un ex esponente del governo Conte II. La vicenda potrebbe influire sul dibattito politico interno, sottolineando la necessità di chiarire i limiti della libertà di espressione dei parlamentari.

La prospettiva del processo
Se la Camera concederà l’autorizzazione, Sgarbi sarà chiamato a rispondere in sede giudiziaria per diffamazione aggravata, con il precedente della condanna in primo grado a fare da riferimento. L’iter parlamentare e giudiziario potrebbe quindi stabilire un precedente importante per casi simili, in cui esponenti politici utilizzano linguaggio offensivo nei confronti di cittadini o colleghi, pur rivestendo una carica pubblica.


