
Anna Maria Panzera è stata condannata all’ergastolo per l’omicidio del neonato trovato morto il 26 maggio 2024 a Villa San Giovanni. La donna, oggi quarantenne, è la nonna materna del piccolo, nato dalla figlia tredicenne affetta da deficit psichico. Il corpo del bambino era stato rinvenuto all’interno di uno zainetto abbandonato tra gli scogli, nei pressi degli imbarcaderi dei traghetti.
La sentenza è stata pronunciata nella serata di giovedì 13 novembre dalla Corte d’Assise di Reggio Calabria, presieduta da Tommasina Cotroneo. I giudici hanno accolto integralmente la richiesta del pubblico ministero, Tommaso Pozzati, che ha coordinato il lavoro investigativo insieme al procuratore aggiunto Walter Ignazitto.
Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dai carabinieri, hanno permesso di ricostruire la dinamica dei fatti, poi confermata nel corso del processo. Secondo l’accusa, Panzera avrebbe gestito la situazione subito dopo il parto, avvenuto in casa, e avrebbe deciso di liberarsi del neonato poche ore dopo la nascita.

Gli investigatori hanno ricostruito che la donna avrebbe riposto il bambino all’interno di uno zainetto subito dopo il parto, per poi dirigersi verso la scogliera del lungomare di Villa San Giovanni, dove avrebbe abbandonato la borsa tra le rocce. A incastrarla sono state soprattutto le immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza, che mostrano chiaramente la scena.
Durante il processo è stato confermato che il neonato era stato trovato ancora con il cordone ombelicale attaccato, elemento che ha consolidato la tesi secondo cui sarebbe nato vivo prima di essere soffocato. Gli accertamenti medico-legali hanno fornito un quadro coerente con le ipotesi degli inquirenti.
Dalle indagini è inoltre emerso che la tredicenne non era sola durante il parto. Sarebbe stata proprio la madre, secondo la ricostruzione giudiziaria, ad assisterla nel momento della nascita e ad assumere poi il controllo dell’intera vicenda, fino alla decisione finale che ha portato alla morte del bambino.
Il caso aveva scosso profondamente la comunità di Villa San Giovanni, portando alla ribalta un intreccio di fragilità familiari e responsabilità gravissime. La giovane madre, data la sua condizione psicologica, è stata considerata non imputabile e totalmente estranea alle scelte compiute dopo la nascita del piccolo.
Nel corso dell’istruttoria, gli inquirenti avevano evidenziato il ruolo determinante della nonna nel gestire la gravidanza della figlia minorenne, fino ai tragici fatti del 26 maggio. Proprio per questo, la posizione della donna è apparsa fin dall’inizio particolarmente grave agli occhi della procura.
Con la sentenza di ergastolo, la Corte d’Assise ha confermato la piena responsabilità di Anna Maria Panzera nell’infanticidio, chiudendo un processo che ha ricostruito nel dettaglio una vicenda drammatica e complessa, destinata a lasciare un segno profondo nella comunità e nei familiari coinvolti.


