
La presentazione da parte della Russia di una propria bozza di risoluzione su Gaza al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in netta contrapposizione a quella avanzata dagli Stati Uniti, rappresenta un momento cruciale e altamente polarizzato nel panorama diplomatico internazionale riguardante il conflitto israelo-palestinese. Questo sviluppo evidenzia le profonde divisioni geopolitiche esistenti tra i membri permanenti del Consiglio e riflette la complessità della ricerca di un accordo unificato e accettabile per la cessazione delle ostilità e la stabilizzazione post-bellica della Striscia di Gaza.
Le differenze tra le due proposte non sono semplicemente procedurali, ma toccano il cuore delle visioni divergenti sul futuro dell’enclave palestinese e sul ruolo delle potenze internazionali nella sua transizione. La mossa di Mosca è stata presentata come una “controproposta ispirata alla bozza degli Stati Uniti”, con l’obiettivo dichiarato di facilitare lo sviluppo di un approccio equilibrato, accettabile e unificato da parte del Consiglio di sicurezza per raggiungere una cessazione sostenibile delle ostilità. Tuttavia, la reazione della missione statunitense sottolinea la preoccupazione che tali tentativi di “seminare discordia” possano avere gravi conseguenze per i palestinesi di Gaza in un momento in cui l’accordo sulla risoluzione è in fase di negoziazione attiva.
I nodi programmatici della proposta russa
Il testo della bozza russa, come visionato da fonti come Reuters e Channel 12, si distingue per alcune omissioni significative e per l’inclusione di posizioni ferme su questioni territoriali e di sicurezza. Una delle differenze più marcate rispetto alle posizioni tradizionali israeliane e, implicitamente, a quelle americane, è la mancanza di menzione esplicita della smilitarizzazione della Striscia di Gaza. Questo punto è cruciale, poiché la smilitarizzazione è spesso considerata da Israele una condizione fondamentale per qualsiasi accordo di sicurezza a lungo termine. L’assenza di tale riferimento nella bozza russa suggerisce una visione che potrebbe dare priorità a meccanismi di controllo e sicurezza esterni o a una soluzione che non imponga unilateralmente tale condizione, mantenendo un margine di negoziazione più ampio.
La questione territoriale e il rifiuto di alterazioni demografiche
Un altro elemento centrale e politicamente sensibile della proposta di Mosca è l’opposizione netta alla permanenza di Israele oltre la cosiddetta Linea gialla. La bozza russa afferma in modo inequivocabile che “Il Consiglio di sicurezza respinge qualsiasi tentativo di cambiamento demografico o territoriale di Gaza, compresa qualsiasi azione che riduca l’area della Striscia di Gaza”. Questo riferimento diretto alla presenza delle forze israeliane sul lato orientale della Linea gialla, che demarca il territorio palestinese, sottolinea la ferma contrarietà russa a qualsiasi riduzione dell’area della Striscia o a un controllo territoriale permanente da parte israeliana, anche per motivi di sicurezza. La Russia ribadisce così la necessità di preservare l’integrità territoriale e l’unità della Striscia di Gaza e della Cisgiordania, riaffermando l’impegno verso la visione di una soluzione a due Stati in cui questi possano “vivere fianco a fianco in pace”. Questo approccio mira a contrastare qualsiasi percezione di annessione o di ridimensionamento coercitivo del territorio palestinese post-conflitto.
Assenza del board of peace e il ruolo delle forze internazionali
La bozza russa si discosta ulteriormente dalla pianificazione precedente e dalle possibili idee americane non citando il Board of Peace per l’amministrazione transitoria dell’enclave. Questo Board era una componente prevista dal piano Trump e la sua assenza nella proposta russa indica il rifiuto di aderire a schemi amministrativi predeterminati o legati a precedenti iniziative considerate non neutrali. In alternativa a un’amministrazione transitoria definita internamente, il testo russo affida al Segretario generale delle Nazioni Unite il compito cruciale di valutare le “opzioni per il dispiegamento della Forza internazionale di stabilizzazione”. Questa mossa sposta l’accento sulla neutralità e sul multilateralismo dell’ONU per la sicurezza post-conflitto, suggerendo che la stabilità di Gaza debba essere garantita da una forza esterna, imparziale e riconosciuta a livello internazionale, piuttosto che da accordi o entità amministrativi che possano essere percepiti come allineati a una delle parti in causa.
La replica americana e le conseguenze della discordia
La risposta della missione statunitense a Palazzo di Vetro è stata immediata e severa. Un portavoce ha espresso la preoccupazione che i “tentativi di seminare discordia ora” possano avere conseguenze gravi, tangibili e del tutto evitabili per i palestinesi di Gaza. L’avvertimento sottolinea il timore che la presentazione di una bozza alternativa possa minare gli sforzi diplomatici in corso per raggiungere una soluzione unitaria, potenzialmente prolungando lo stallo e, di conseguenza, la sofferenza della popolazione civile. L’appello americano al Consiglio è quello di “unirsi e di andare avanti per garantire la pace di cui c’è disperatamente bisogno”, evidenziando la percezione che l’unità del Consiglio sia prioritaria rispetto alle specificità delle singole proposte in questo momento delicato. L’insistenza sulla fragilità del cessate il fuoco in corso e l’urgenza di una risoluzione indicano come la diplomazia stia operando sotto una forte pressione temporale e politica, con il rischio che il mancato accordo possa peggiorare ulteriormente la situazione umanitaria e di sicurezza a Gaza.
Il contesto regionale e i sentieri di guerra
Questo scontro diplomatico si inserisce in un contesto regionale estremamente teso e complesso. Le notizie che giungono da Gaza e dal Medio Oriente indicano una situazione sul terreno in continuo deterioramento. La possibilità di una divisione persistente di Gaza in due, la retorica dei soldati dell’IDF sulla libertà di sparare senza freni, il rischio di chiusura della radio dell’IDF per “minare il morale dei nostri militari” e il primo voto favorevole della Knesset alla pena di morte per i terroristi dipingono un quadro di escalation e di indurimento delle posizioni. Lo stallo del piano di pace, sottolineato dai media, si riflette direttamente nelle difficoltà del Consiglio di sicurezza di trovare una voce comune. La proposta russa, con le sue specificità, non fa che evidenziare la sfida monumentale che le Nazioni Unite devono affrontare nel mediare tra interessi di sicurezza nazionali divergenti, aspirazioni territoriali e la catastrofe umanitaria che si sta consumando, con il rischio concreto che i sentieri di guerra possano prevalere sulla ricerca della stabilità.


