
Jeannette Jara, candidata della coalizione di sinistra e figura di spicco del Partito Comunista cileno, conquista il primo turno delle elezioni presidenziali con il 26,84% dei voti. Una giornata elettorale regolare, segnata da un’affluenza altissima, che porta la politica progressista dritta allo scontro finale del 14 dicembre contro l’esponente di ultradestra José Antonio Kast, fermo al 23,95%.
In corsa al primo turno c’erano otto candidati, con la sinistra unita dietro la leadership di Jara, uscita vincitrice dalle primarie di giugno con oltre il 60%. Tra i più votati spiccano però tre nomi della destra, a conferma del peso politico dell’area conservatrice.
La moderata Evelyn Matthei raggiunge il 12,50%, mentre l’ultraconservatore Johannes Kaiser conquista il 13,93%. La sorpresa assoluta è però il centrista anti-establishment Franco Parisi, che ribalta ogni previsione ottenendo un inatteso 19,66% e dominando in molte regioni del nord.
Proprio il risultato di Parisi potrebbe essere una carta importante per Jara: attirare l’elettorato centrista potrebbe rivelarsi più semplice rispetto ai voti della destra, chiamati a scegliere se convergere compatti su Kast. L’ipotesi non è remota, e rappresenta il principale ostacolo alla vittoria della candidata progressista, che per altro ha ottenuto meno supporto rispetto alle aspettative del suo team.

La possibile unione dei voti a destra
Non tutto però è scritto: la storia recente del Cile mostra risultati spesso sorprendenti. Basti ricordare il 2021, quando proprio Kast vinse il primo turno, salvo venire superato nettamente da Gabriel Boric al ballottaggio con oltre 11 punti di distacco.
A pesare sulla sfida finale c’è poi un dato storico: da 20 anni i cileni non eleggono due presidenti consecutivi dello stesso schieramento. Dopo Boric, una vittoria di Jara – già ex ministra del Lavoro dell’attuale governo – romperebbe un ciclo politico radicato dal 2006, ultimo anno in cui la sinistra aveva confermato un successore ideologicamente affine, con la staffetta tra Ricardo Lagos e Michelle Bachelet.
Il Cile si avvia così verso un ballottaggio carico di incognite, dove peseranno alleanze, moderati, e la capacità dei candidati di interpretare un Paese stanco di polarizzazioni ma ancora profondamente diviso.


