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“Una putiniana russa nel nostro esercito!”. Il politico italiano denuncia: “Gravità inaudita”

Pubblicato: 20/11/2025 09:45

Si accende il dibattito politico dopo la pubblicazione di un’inchiesta che sta scuotendo il mondo della difesa e quello istituzionale. A innescare la reazione è la denuncia apparsa su L’Inkiesta riguardo al ruolo di Larisa Yurevna Gavrilova, da anni docente di lingua russa all’interno degli apparati militari italiani e al centro di sospetti legati a rapporti con realtà considerate vicine al Cremlino. Il leader di Azione, Carlo Calenda, interviene con toni durissimi, dichiarando: “È di una gravità inaudita. Faremo un’interrogazione subito”. Un commento che riflette l’allarme politico generato da quanto riportato nell’articolo.
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La testata parla di un quadro che, se confermato, solleverebbe interrogativi significativi sulla gestione delle figure che operano in contesti sensibili. Il titolo dell’inchiesta — “Lo Stato Maggiore impiega una docente russa che guida un’associazione putiniana” — dà il tono a una vicenda che intreccia sicurezza nazionale, diplomazia culturale e vulnerabilità nei processi di controllo interni.

Il profilo della docente e le attività legate alla cultura russa

Secondo la ricostruzione pubblicata da L’Inkiesta, la questione emerge in parallelo al Consiglio Supremo di Difesa riunitosi al Quirinale, dove la minaccia ibrida russa è stata trattata come un tema prioritario. Nel testo viene descritto come la Federazione Russa si muova ormai da anni all’interno delle società europee, agendo sul piano cognitivo e costruendo relazioni personali e istituzionali.

In questo contesto si inserisce il caso di Gavrilova, da oltre venticinque anni retribuita dal Ministero della Difesa per l’insegnamento del russo presso la Scuola Lingue Estere dell’Esercito. Il suo incarico, legato anche al supporto delle Forze Armate nelle attività sui trattati di controllo degli armamenti, le garantirebbe contatto diretto con personale e funzionari coinvolti in dossier considerati particolarmente delicati, inclusi quelli riguardanti la Federazione Russa.

Parallelamente, la docente è indicata come figura di riferimento della diplomazia culturale russa in Italia. È presidente dell’associazione Russia in Umbria, realtà inaugurata con il coinvolgimento di rappresentanti dell’Ambasciata e del Centro Russo di Scienza e Cultura. Secondo quanto riportato, l’organizzazione avrebbe negli anni promosso iniziative allineate alla narrativa di Mosca: celebrazioni del 9 maggio come rito patriottico, partecipazione ad appuntamenti con esponenti della propaganda e diffusione di posizioni che giustificano l’azione militare contro l’Ucraina e rivendicano la Crimea come territorio russo.

I rapporti con il Cremlino e i nodi sulla sicurezza nazionale

L’inchiesta sottolinea che questa attività non sarebbe di carattere marginale. Gavrilova avrebbe ricevuto una lettera firmata da Vladimir Putin e una medaglia consegnata da Dariya Pushkova, direttrice del Centro Russo di Scienza e Cultura di Roma, ente collegato al Ministero degli Esteri russo. Una sorta di riconoscimento pubblico che, nella lettura del giornale, la collocherebbe in una posizione funzionale alla strategia di influenza del Cremlino in Italia.

L’articolo ripercorre anche i legami professionali della docente con figure italiane di alto profilo, citando tra i suoi ex allievi Roberto Vannacci, oggi dirigente della Lega e in passato impegnato in incarichi militari di primo piano, inclusa la rappresentanza italiana a Mosca fino a ridosso dell’invasione dell’Ucraina. Una coincidenza che, all’interno dell’inchiesta, viene indicata come un elemento critico in un settore che dovrebbe essere strutturalmente impermeabile.

Le domande aperte sulla gestione interna della Difesa

Attorno alla vicenda si delineerebbe, secondo la ricostruzione, una rete più ampia di associazioni filorusse attive nel territorio italiano, spesso in dialogo con rappresentanti diplomatici e amministratori locali. Realtà che avrebbero occupato uno spazio strategico, quello in cui la propaganda intercetta il sistema istituzionale.

Il testo di L’Inkiesta si conclude con una serie di interrogativi rivolti direttamente al Ministero della Difesa: come sia stato possibile che una persona con rapporti così visibili con la diplomazia russa potesse mantenere incarichi paralleli tanto esposti; se sia stata compiuta una valutazione effettiva dei rischi; e se, all’interno della struttura che dovrebbe essere la più attenta alla sicurezza, non si sia preferito ignorare segnali evidenti.

Domande che ora, dopo la reazione di Calenda e la crescente attenzione politica, potrebbero spingere a una verifica formale sulla vicenda, in un momento in cui il tema delle interferenze straniere è già al centro delle preoccupazioni istituzionali.

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Ultimo Aggiornamento: 20/11/2025 09:46

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