
Una sentenza storica della Corte di giustizia dell’Unione Europea stabilisce che ogni Stato membro è obbligato a riconoscere un matrimonio tra persone dello stesso sesso legalmente contratto in un altro Paese dell’Unione, purché i coniugi abbiano esercitato la loro libertà di circolazione e soggiorno. La decisione, annunciata oggi, riguarda il caso di due cittadini polacchi sposati in Germania, ma avrà effetti su tutti i Paesi membri dell’UE.
Leggi anche: Aggredisce il figlio di 15 anni perché è gay: “Ti uccido”
La vicenda trae origine dalla richiesta dei due coniugi polacchi di trascrivere il loro certificato di matrimonio nel registro civile polacco. Le autorità locali hanno respinto la domanda, motivando il rifiuto con la normativa nazionale che non consente il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Di fronte a tale diniego, un giudice nazionale ha sollevato una questione pregiudiziale alla Corte Ue, chiedendo se il rifiuto fosse compatibile con il diritto dell’Unione Europea.
La decisione della Corte
La Corte di giustizia ha chiarito che il rifiuto di riconoscere un matrimonio tra due cittadini dell’Unione, legalmente contratto in un altro Stato membro, costituisce una violazione del diritto alla libertà di circolazione e del diritto al rispetto della vita privata e familiare.

“Gli Stati membri sono quindi tenuti a riconoscere, ai fini dell’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione, lo stato coniugale legittimamente acquisito in un altro Stato membro“, si legge nella sentenza. La Corte ha sottolineato che, sebbene le norme sul matrimonio rientrino nella competenza nazionale, tali norme devono comunque rispettare il diritto dell’Unione.
In pratica, ogni Stato membro deve garantire che i cittadini dell’Unione possano esercitare una normale vita familiare, anche se il loro matrimonio non è formalmente previsto dalla legislazione nazionale. Ciò significa che, al momento del ritorno nel Paese di origine, le coppie sposate legalmente in un altro Stato dell’UE godranno del riconoscimento dei diritti derivanti dal loro stato civile.
Implicazioni per i cittadini dell’UE
La sentenza ha importanti conseguenze pratiche. I coniugi stesso sesso che si sposano in un Paese dell’UE in cui il matrimonio è consentito non potranno vedersi negati i diritti legati al matrimonio quando si trasferiscono in un altro Stato membro. Tra questi rientrano, ad esempio, diritti successori, fiscali, di soggiorno e di assistenza sanitaria, oltre alla possibilità di condurre una vita familiare completa.
Inoltre, la decisione segna un passo significativo per il riconoscimento dei diritti delle coppie LGBTQ+ in Europa, creando un precedente giuridico che obbliga anche gli Stati più conservatori a rispettare le norme comunitarie.
Le polemiche in Italia
La sentenza ha subito suscitato polemiche in Italia, soprattutto tra forze politiche e associazioni conservatrici. Critici della decisione sostengono che obbligare gli Stati membri a riconoscere matrimoni tra persone dello stesso sesso possa entrare in conflitto con la legislazione nazionale italiana sul matrimonio. Alcuni esponenti politici hanno parlato di una “ingerenza europea” nelle scelte dei singoli Stati, mentre attivisti per i diritti civili hanno invece applaudito la Corte Ue, sottolineando come la decisione rappresenti un passo fondamentale per la tutela dei diritti LGBTQ+.
La reazione degli Stati membri
La Corte ha specificato che il riconoscimento dei matrimoni non implica l’obbligo di legalizzare il matrimonio gay nel Paese d’origine, ma impone che, per gli effetti derivanti dal diritto dell’Unione, lo stato civile sia riconosciuto e rispettato. In sostanza, una coppia sposata legalmente in Germania manterrà tutti i diritti e le tutele previste dal diritto Ue, anche se la legge italiana o quella di altri Paesi membri non consente il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Una sentenza attesa dal 2018
Il caso risale al 2018, ma la Corte Ue ha deciso solo ora, confermando la centralità del principio di libertà di circolazione e della tutela della vita privata e familiare dei cittadini dell’Unione. Gli esperti giuridici sottolineano che questa sentenza potrebbe diventare un riferimento per future dispute legali relative ai matrimoni tra persone dello stesso sesso in tutta l’Europa.
Con questa pronuncia, la Corte di giustizia Ue conferma ancora una volta che i principi fondamentali dell’Unione, tra cui la libertà di circolazione, la tutela della vita familiare e i diritti civili, prevalgono sulle normative nazionali che ne limitano l’applicazione, ponendo l’Europa su un percorso più inclusivo e rispettoso dei diritti delle persone LGBTQ+, ma accendendo anche un acceso dibattito politico in Italia.


