
L’epatite continua a rappresentare una sfida sanitaria significativa in Italia, con un aumento dei casi soprattutto per le forme A ed E. Secondo i dati raccolti nei primi sei mesi del 2025, sono stati segnalati 247 casi di epatite A, in netto incremento rispetto ai 159 registrati nello stesso periodo del 2024 e ai 105 del 2023. L’incremento interessa diverse regioni, con Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio in cima alla lista per numero di contagi.
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La malattia colpisce prevalentemente uomini (64%), con una fascia d’età più sensibile tra i 35 e i 54 anni e un’età mediana di 37 anni. Non mancano casi pediatrici: sono stati segnalati 29 casi tra i bambini. I principali fattori di rischio individuati includono il consumo di frutti di mare (47,1%), viaggi in aree endemiche (23%) e frutti di bosco (24%). Particolarmente preoccupante è l’incremento dei casi tra uomini che fanno sesso con uomini (MSM), passati dall’11,4% del 2024 al 29,8% nel 2025.
Le altre forme di epatite: B e C sotto controllo
Sul fronte dell’epatite B, i dati mostrano una diminuzione dei casi: nei primi sei mesi del 2025 sono stati registrati 72 contagi, rispetto ai 106 dello stesso periodo del 2024. La malattia colpisce principalmente adulti maschi (77,8%), con età mediana di 55,5 anni. Tra i principali fattori di rischio figurano cure odontoiatriche (42,4%), trattamenti estetici (31,8%) ed esposizioni sessuali a rischio (25,4%).
L’epatite C resta sostanzialmente stabile: i casi nel periodo gennaio-giugno 2025 sono 25, simili ai 27 dello stesso semestre 2024. La maggioranza dei pazienti proviene da Lombardia ed Emilia-Romagna, e colpisce soprattutto uomini (60%) nella fascia di età 35-54 anni. Il fattore di rischio più frequente rimane l’esposizione nosocomiale (36%), evidenziando l’importanza delle misure preventive negli ambienti sanitari.

L’epatite E in crescita e i fattori di rischio alimentari
Un trend particolarmente preoccupante riguarda l’epatite E, con 60 nuovi casi registrati nel primo semestre del 2025, in aumento rispetto ai 37 del 2024. Le regioni più colpite sono Abruzzo e Lazio, con una netta predominanza maschile (78,3%) e un’età mediana di 59 anni. Tra i fattori di rischio principali vi sono il consumo di carne di maiale, in particolare insaccati (58,5%), e carne di cinghiale (11,3%).
Gli esperti sottolineano che molti casi potrebbero rimanere non diagnosticati, poiché solo il 63,7% dei sospetti contagi è stato effettivamente testato. Questo dato mette in evidenza l’importanza di un’attenta sorveglianza epidemiologica e della sensibilizzazione della popolazione.

Prevenzione: la strategia più efficace
Gli specialisti ricordano che la prevenzione rimane la strategia più efficace per ridurre il rischio di contagio e le eventuali complicanze legate all’epatite. La vaccinazione, l’attenzione all’igiene personale, la cura nella manipolazione e nel consumo dei cibi, nonché la prudenza durante viaggi in aree a rischio o rapporti sessuali a rischio, sono tutti elementi fondamentali per proteggersi dalla malattia.
In particolare, i comportamenti a rischio alimentare e sessuale devono essere monitorati, così come l’uso di strumenti sanitari e estetici certificati. Solo con un approccio combinato che coniughi vaccinazione, educazione sanitaria e misure igieniche, secondo gli esperti, sarà possibile contenere la diffusione delle varie forme di epatite in Italia, evitando impatti gravi sulla salute pubblica.


