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Attentato a Ranucci, i testimoni: “Abbiamo visto almeno due persone scappare su un’auto”

Pubblicato: 12/12/2025 11:21

Il giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore della trasmissione d’inchiesta Report, è stato vittima di un grave attentato esplosivo lo scorso 16 ottobre davanti alla sua abitazione. L’episodio ha scosso il mondo dell’informazione italiana, mettendo in luce i rischi concreti a cui possono essere esposti i giornalisti che trattano tematiche delicate e complesse. La vicenda è un monito sulla necessità di protezioni adeguate per chi ogni giorno indaga su fatti di cronaca e corruzione.

L’attacco, che ha provocato ingenti danni materiali e una minaccia diretta alla sicurezza personale di Ranucci e della sua famiglia, ha riacceso il dibattito pubblico sul ruolo dei giornalisti e sulla libertà di stampa, messa a dura prova quando interessi criminali o illeciti entrano in conflitto con l’inchiesta giornalistica.
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Dettagli dell’indagine e dinamica dell’attacco

L’episodio si è verificato davanti alla residenza di Ranucci nella frazione Campo Ascolano, a Pomezia. Secondo gli accertamenti della procura di Roma, il soggetto incappucciato e vestito di nero, visto allontanarsi dall’abitazione, sarebbe salito su un’auto dal lato posteriore del guidatore, suggerendo la presenza di almeno un complice alla guida. Non è esclusa la possibilità di un terzo individuo sul sedile del passeggero.

Gli investigatori ora si concentrano sull’identificazione dei possibili due o tre esecutori materiali, poiché fermarli potrebbe permettere di risalire ai mandanti. L’esplosione ha distrutto le automobili di Ranucci e della figlia, evidenziando la pericolosità dell’azione e il rischio immediato a cui è stata esposta la famiglia.

Le piste investigative

Dall’inizio, le piste seguite sono state molteplici. Inizialmente si era ipotizzato un collegamento con gruppi di estrema destra, ma successivamente l’attenzione si è spostata verso la criminalità organizzata, con possibili legami alla ‘ndrangheta e alla camorra, date la modalità e la precisione dell’attacco.

A metà novembre, una lettera anonima giunta alla redazione di Report suggeriva un legame con un servizio della trasmissione su un presunto traffico internazionale di armi, coinvolgendo aziende della Campania e del Veneto. La missiva menzionava anche un mandante che avrebbe agito a “titolo personale”, aprendo scenari complessi sulle motivazioni dell’attentato.

Rafforzata la protezione del giornalista

Dopo l’episodio, l’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (Ucis) del ministero dell’Interno, su richiesta della presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Chiara Colosimo, ha rafforzato la protezione di Ranucci. Il giornalista, sotto scorta dal 2009, ora è vigilato da quattro agenti e due auto blindate, misura ritenuta necessaria per il rischio elevato.

L’attentato a Sigfrido Ranucci rappresenta un caso simbolico della vulnerabilità dei giornalisti investigativi in Italia, sottolineando l’importanza di garantire sicurezza personale e libertà di stampa. Le indagini proseguono, e ogni nuovo elemento potrebbe chiarire non solo gli autori materiali dell’attacco, ma anche i mandanti e le motivazioni alla base di un gesto tanto grave quanto intimidatorio.

La vicenda evidenzia quanto il lavoro d’inchiesta esponga chi lo svolge a rischi concreti, ribadendo la necessità di protezioni costanti per garantire che episodi simili non diventino strumenti di pressione o silenziamento.

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