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Impatto Covid sull’economia italiana: l’eredità della crisi di un’epoca?

Pubblicato: 11/09/2020 13:42

Il lockdown e le misure restrittive imposte dai governi nazionali a oltre metà della popolazione mondiale per appiattire la curva dei contagi ha colpito il mondo, gettando l’economia globale nella peggiore recessione dai tempi della seconda guerra mondiale.

Da gennaio, l’impatto dell’epidemia è passato da essere uno shock dell’offerta localizzato e incentrato sulla Cina ad essere un violento shock della domanda che ha danneggiato i consumi e gli investimenti a livello planetario.

Si è innescata una forte recessione globale nei primi due trimestri del 2020 nella stragrande maggioranza delle economie sviluppate ed emergenti.

L’Italia, che è fra i Paesi maggiormente colpiti in termini di contagi e vite umane perse, vedrà secondo le stime una perdita del PIL pari al 11,2%.

Crisi Covid: l’eredità di una crisi pregressa?

L’emergenza pandemica ci consente di fare un bilancio della lunga e profonda crisi economica per capire quale è stato il suo vero lascito.

Si tratta di un tema oggetto di dibattito di Massimiliano Valerii, autore del libro “La notte di un’epoca”.

Intervenuto al Festival Della Mente 2020, Valerii ha ricordato come a cavallo del primo e del secondo decennio degli anni 2000 si è assistito al crollo del PIL, alla compressione dei consumi delle famiglie, all’azzeramento degli investimenti, all’impennata della disoccupazione ed al ristagno dell’inflazione.

In Italia in meno di un decennio si è bruciato un milione di posti di lavoro, abbiamo perso un quarto della base produttiva, nel solo settore manifatturiero sono sparite più di 100.000 aziende, decine di migliaia di esercenti commerciali e di attività artigianali hanno chiuso i battenti.

Mentre in quegli anni gran parte dell’informazione mainstream batteva sul tasto della retorica del “non arriviamo alla fine del mese”.

Il portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie si è gonfiato fino ad un ammontare superiore a 4.200 miliardi di euro.

Con un vero e proprio boom di denaro contante e di depositi bancari a vista, non vincolati. Rispetto all’ultimo anno prima della crisi economica del 2008, gli italiani avevano accumulato una liquidità aggiuntiva di 182 miliardi di euro.

Si tratta di un valore superiore al PIL di un intero paese europeo come la Grecia, la Romania o l’Ungheria.

La liquidità totale di cui gli italiani ora dispongono, in contanti o depositi bancari, sfiora i 1000 miliardi di euro.

Crisi economica e perdita cultura del rischio

Come argomenta lo stesso Valerii una delle chiavi interpretative del periodo della crisi economica è che il grande “assente” sulla scena è il rischio.

Gli effetti si sono fatti sentire con il crollo dei consumi delle famiglie, con il rigonfiamento della bolla del risparmio, in particolare della liquidità.

E’ incrementato il numero di persone scivolate sotto la soglia della povertà e si sono acuite sempre di più le disuguaglianze sociali, come avviene nelle fasi di recessione economica.

In sintesi, la bolla del risparmio e del cash cautelativo, insieme alla bassa propensione all’assunzione individuale del rischio, rappresentano la c.d. “eredità della crisi”.

Il PIL è stagnante, i consumi non ripartono, la produzione industriale non ritrova slancio. Rallenta anche l’export perché risente del raffreddamento della congiuntura internazionale.

La ripresa occupazionale è ancora debole e la dinamica delle retribuzioni rimane piatta ed insufficiente ad innescare un vero rilancio.