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Storia di Teresa: “L’endometriosi, la mia infiammazione dell’anima”

Pubblicato: 31/05/2019 13:20

Intervista a cura di
MARTA PETTOLINO
MARTINE ROLLANDIN

La prima volta che mi fu diagnosticata l’endometriosi avevo 25 anni, e al pronto soccorso l’infermiera era convinta che avessi una gravidanza extrauterina“. È il 2003 e di endometriosi ancora non si parla o, per lo meno, non si sa granché. “Me lo disse di fronte a mio papà che osservava la scena, bianco in volto, atterrito. Io però ero sicura di non essere incinta. Quindi cosa mi stava facendo soffrire in quel modo?“. Teresa viene portata in sala operatoria e, al risveglio, sente parlare per la prima volta di endometriosi.

Al primo incontro con la sua malattia, aveva già rischiato un’emorragia interna e sbattuto contro lo shock del pronto soccorso, dei bisturi, della mascherina dell’anestesia. Quell’odore di sangue, disinfettante e lacrime le aveva impregnato le narici e annebbiato i pensieri, mentre sentiva dare un nome per la prima volta al suo malessere, quel male che l’aveva portata fino lì. Al ritorno a casa, il ginecologo le prescrisse la pillola: “Così non sentirai più male“, le disse, liquidandola con scarse spiegazioni.

Un nemico in pancia: l’endometriosi

È il dolore, fortissimo, a scoperchiare quella scatola che, anni dopo, rivela contenere una vera e propria bomba a orologeria. Teresa viene di nuovo ricoverata e, questa volta, il bilancio della sua “guerra in pancia” è devastante: le vengono asportati un ovaio, 15 centimetri di intestino e l’appendice.

Gli anni trascorsi prendendo la pillola non avevano fermato l’avanzare della malattia di Teresa, ne avevano solo “sospeso” i sintomi. “È stato in quel momento tremendo che ho veramente preso coscienza della mia malattia. Così, per prima, sono partita eliminando tutti quei fattori che alimentano l’infiammazione”.

L’endometriosi è infatti, sì, una patologia che colpisce l’apparato riproduttore ma che in realtà coinvolge corpo e mente a 360 gradi. Teresa è una psicoterapeuta, e da donna di scienza si mette alla ricerca. Parte dall’alimentazione, consultando specialisti come naturopati, nutrizionisti, dietisti. “Ho eliminato la carne, non tanto per la carne in sé ma perché gli animali vengono allevati ad antibiotici ed estrogeni (proprio questi ultimi vanno infatti ad alimentare l’endometriosi, NdR). Poi i latticini, le bibite gasate, il caffè, il cioccolato… Insomma, è difficile fare la spesa quando il tuo corpo ha bisogno di tutti questi sostituti”.

Dopo la seconda operazione, nonostante Teresa venga “classificata” come una paziente al quarto livello, quello più grave, il suo ginecologo (già medico di sua madre che scopriamo essere affetta da endometriosi a sua volta), quello che l’aveva operata e che, per non farle sentire i sintomi, le aveva prescritto la pillola con un’invidiabile leggerezza, lo stesso che, senza ricercare, senza approfondire, l’aveva “curata”, la rassicura, sottolineando come l’operazione, quel “travaglio” di cui lei ci parla, in realtà è necessario ma positivo affinché la sua condizione migliori.

Faccia a faccia con l’endometriosi: il dilemma dell’essere madri

Nel 2014, il desiderio o la sfida di avere un figlio pone Teresa davanti a un nuovo, più difficile, conflitto interiore. “Cominciai la fecondazione assistita con già una ciste di 5 centimetri nella pancia, mi facevo le iniezioni di ormoni, sapevo che se non fossi rimasta incinta avrei dovuto nuovamente essere operata”. E il tentativo fallisce. A quel punto, non resta che tornare in sala operatoria per l’ennesima, stravolgente, volta. Nella sua pancia, come segni incontrovertibili del passato, le cicatrici e le aderenze delle scorse operazioni.

La fecondazione assistita l’ho fatta e la rifarei – chiarisce – non mi pento nemmeno però di non averla voluta fare una seconda volta. Ho visto un sacco di donne in sala d’attesa che erano impazzite, erano diventate il loro apparato riproduttivo e i loro compagni erano diventati gli spermatozoi inefficaci”. Tuttavia, il dubbio di una maternità voluta davvero o solo perché negata resta. “Hai sempre l’occhio puntato sulla pancia… Questa malattia ti rende difficile avere dei figli ma paradossalmente si manifesta gonfiandoti la pancia come se fossi incinta”. Allora, non sono più solo gli organi a essere irritati ma la sua infiammazione patologica si espande a ondate, bruciando i pensieri, i progetti, l’anima.

Come un fiore tra il cemento

Solo ora, ci confida, che deve prendere una nuova pillola che costringe il suo fisico a una menopausa forzata, prescritta da un nuovo ginecologo (“uno meraviglioso, umano, competente”) ha fatto pace con la sua maternità irrealizzabile e la malattia. “Io, il mio corpo, l’ho odiato” ammette. Per una malata di endometriosi infatti, il corpo si trasforma facilmente in un nemico: un nemico che confonde, stanca, ferisce e non si arrende mai. Fino alla menopausa. Perché, se per le altre donne è sinonimo di fastidiose e imbarazzanti vampate di calore, per pazienti come Teresa che lottano contro dolori invalidanti potrebbe essere l’agognato traguardo per la fine di un calvario. Un calvario fatto di impreparazione e senso di abbandono (“quando su 10 ginecologi devi sperare di trovare quello che sa qualcosa, già lì, per me, c’è un vizio di forma”), di impotenza e senso di colpa. Ma anche di immensa forza di volontà, coraggio e speranza.

Sentimenti di cui Teresa è una fiera rappresentante, una guerriera che tuttavia non ha ancora finito di lottare. “Pochi mesi fa, i medici mi hanno trovato una grossa massa, che potrebbe essere causata dall’endometriosi ma potrebbe essere anche un tumore“. E a quel punto, il raggelante paragone ridimensiona le sofferenze, le speranze disilluse, le priorità fondamentali. E la priorità in questo caso diventa la vita, la pura e semplice vita. Perché, se pur grave e tremenda, l’endometriosi non uccide. Il cancro invece sì.

Quando penso alla mia situazione, ho sempre in mente questa immagine: l’erba che spunta dal cemento“. Non immagineresti mai che c’è qualcosa là sotto quel grigiume gonfio eppure la vita c’è ed è sorprendentemente più potente di tutto il resto.

Credits: ilquotidianoinclasse.it