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Marco Vannini, parlano i soccorritori: “Siamo stati ingannati”

Pubblicato: 20/02/2019 14:30

Sull’omicidio di Marco Vannini continuano ad emergere dettagli inquietanti. Quella notte del 17 maggio del 2015 in cui fu sparato accidentalmente da Antonio Ciontoli, condannato in appello a 5 anni, intervenì quando era ormai troppo tardi per salvarlo il 118. Proprio i due soccorritori che lo trasportarono all’ospedale raccontano a Le Iene come andarono le cose quella notte e che avrebbero potuto fare di più se gli fosse stato comunicato che Marco era stato ferito da un proiettile.

La testimonanza dei soccorritori

Durante la prima telefonata al 118 fatta da Federico Ciontoli, il ragazzo sosteneva che Marco Vannini fosse svenuto in seguito ad uno scherzo, mentre parlava, subentra la madre di Federico che afferra il telefono e dice che Marco si era ripreso e che non serviva più l’intervento dei soccorritori. Quando invece telefonarono di nuovo, dopo 25 minuti, è stato Antonio Ciontoli a parlare e a dire che Marco Vannini si era ferito cadendo su un pettine che gli aveva provocato “un buchino” e che, in seguito alla ferita, il ragazzo era stato colto da un attacco di panico.

Marco Vannini: parlano i soccorritori
Marco Vannini e Martina Ciontoli

Già queste omissioni avrebbero ostacolato di per sè i soccorsi, secondo gli operatori del 118 che accorsero quella notte: “Nelle emergenze esiste la famosa golden hour, l’ora d’oro, dove se si raccolgono tutte le informazioni corrette si agisce tempestivamente, questo a noi è stato impedito“. I soccorritori arrivarono infatti nella villetta con un codice verde. Una volta riscontrate le condizioni del 20enne di Cerveteri trasformarono l’emergenza in un codice rosso.

Solo una volta giunti al Pronto Soccorso i Ciontoli dissero che si era trattato di un colpo di pistola. Il programma Le Iene ha intervistato i due soccorritori che accorsero per medicare Marco Vannini, ignari di aver di fronte un ragazzo che era stato colpito da un proiettile. La pallottola dal braccio attraversò il torace, un polmone e il cuore, incastrandosi in una costola. Christian e Ilaria, questi i loro nomi, hanno raccontato come andarono le cose quella terribile notte. “Avrei voluto fare tanto di più, se me lo avessero concesso, siamo stati ingannati“, così inizia il loro racconto.

La “versione del pettine”

Antonio Ciontoli che esplose il colpo di pistola che si rivelò poi fatale per Marco Vannini era ben cosciente quando chiamò il 118 di quello che era successo ma era convinto, a suo dire, che non si trattasse di qualcosa di grave. Lui stesso una volta arrivato al Pronto Soccorso chiese ad un medico se era possibile non segnalare che il colpo era partito dalla sua pistola, qualificandosi come Carabiniere, una richiesta assurda, cui il medico rispose sbattendogli la porta in faccia.

I soccorritori hanno raccontato che all’arrivo dell’ambulanza erano presenti davanti il cancello della villetta dei Ciontoli – non in fondo alla strada come ha dichiarato Federico durante la sua deposizione – Martina, Federico Ciontoli e Viola Giorgini, la sua fidanzata. Ai soccorritori Antonio Ciontoli disse che Marco Vannini si era sentito male, che aveva avuto un attacco di panico. Ilaria, una dei due soccorritori, racconta: “Marco era sdraiato a terra, cosa che non accade molto spesso – magari li troviamo sul divano o sul letto – con la testa rivolta verso le scale e le gambe alzate, le teneva la signora Pezzillo, Marco era incosciente, non rispondeva, io lo sollecitavo, l’ho chiamato più volte ‘Marco! Marco! Marco! Se mi senti tira fuori la lingua’ e lui piano piano aprì la bocca e tirò fuori la lingua, gli chiesi ‘Se hai dolore dimmelo’ e lui non disse niente, non ce la faceva proprio a parlare, io ho provato a fare più domande al signor Ciontoli e lui mi disse che stavano in bagno e mentre scherzavano sulla partita di calcio lui accidentalmente era scivolato e dopo essersi punto con questo pettine era stato colto da un attacco di panico“.

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I soccorritori, Christian e Ilaria restarono a casa dei Ciontoli per 20 minuti e nessuno disse loro cosa era veramente accaduto. Inoltre, i soccorritori ricordano che quando Antonio Ciontoli ribadì davanti a loro la “versione del pettine” erano tutti presenti, diversamente da quanto sostenuto negli atti del processo, quindi sembrerebbe che nessuno smentì Antonio Ciontoli volontariamente, non perché non era presente. La ferita di Marco Vannini si presentò così ai soccorritori: “Un buchino piccolissimo che sfido chiunque a capire che si fosse trattato di una ferita da arma da fuoco perché era pulito, asciutto, quasi cicatrizzato come se fosse una bruciatura di sigaretta“. Ilaria racconta che non c’era sangue nella ferita ma neanche sul corpo di Marco Vannini e nemmeno sui suoi vestiti.

Marco Vannini: parlano i soccorritori
Marco Vannini e la famiglia Ciontoli

Ciontoli voleva “liquidare” i soccorritori

Stando al racconto dei medici, più di una volta Antonio Ciontoli disse loro che se avessero voluto avrebbe portato lui in Pronto Soccorso Marco, ma i soccorritori rifiutarono. L’impressione però fu questa: “Come se ci volessero liquidare, abbiamo subito capito che c’era qualcosa che non andava: era troppo incongruente quello che presentava Marco con ciò che ci veniva riferito dal signor Ciontoli, non era un attacco di panico“. Secondo la testimonianza del medico legale di Marco Vannini, Luigi Cipolloni, se la famiglia Ciontoli avesse chiamato l’ambulanza dicendo la verità, i medici sarebbero arrivati su un’eliambulanza, tempestivamente, Marco Vannini sarebbe stato operato dopo un’ora dal ferimento. Invece, Marco Vannini in quella ambulanza ci salì quando era ormai troppo tardi, da solo, senza la fidanzata o qualcuno della famiglia dei Ciontoli, e i soccorritori dissero che continuava a ripetere “Aiuto, ragazzi!“. Purtroppo, alle 3,10 del 18 maggio il cuore di Marco Vannini si fermò.

Marco Vannini: parlano i soccorritori
Marco Vannini

“Scusa Martina”

Resta ancora un mistero il motivo per cui anche nella seconda telefonata al 118 si sente la voce di Marco Vannini chiedere scusa a Martina Ciontoli, la sua fidanzata. Le parole “Scusa Martina” sono state udite da più di un vicino di casa quella sera, ma nessuno dei residenti di Ladispoli che vivevano vicino ai Ciontoli è mai stato sentito dagli inquirenti. L’ex vicina di casa dei Ciontoli, Maria Cristina, la settimana scorsa ha raccontato che quella sera prima dello sparo aveva sentito che nella casa della fidanzata di Marco era in corso una discussione. Secondo la madre di Marco Vannini, Marina Conte, suo figlio aveva litigato con Martina, motivo per cui quella sera chiamò il padre dicendo che non sarebbe tornato a casa, che sarebbe rimasto a dormire da Martina, come faceva di solito quando litigava con la sua fidanzata.

Ultimo Aggiornamento: 20/02/2019 14:40