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Formigoni in carcere: la Cassazione conferma la condanna per corruzione

Pubblicato: 21/02/2019 20:59

La Corte d’Appello aveva già condannato Roberto Formigoni, ex presidente della regione Lombardia, al massimo della pena per corruzione e per i fondi neri creati dalla Fondazione Maugeri e dall’Ospedale San Raffaele di Milano. Oggi la Cassazione, chiamata ad intervenire, ha deciso di confermare la sentenza emessa in appello, riducendo gli anni da 7 a 5 anni e 10 mesi, e rendendo dunque esecutivo l’arresto dell’ex governatore.

Arrestato Roberto Formigoni

La prima condanna per Formigoni era giunta il 19 settembre scorso quando la Corte d’Apello, in primo grado, aveva deciso di condannarlo al massimo della pena per corruzione. Con l’introduzione della cosiddetta “legge Spazzacorrotti“, il suddetto reato è entrato a far parte di tutti i reati anche detti ostativi, e con una condanna superiore ai 4 anni non può esistere altra pena che non sia il carcere. Per questo motivo, alla lettura della sentenza della sesta sezione della Corte di Cassazione, si è reso immediatamente esecutivo l’arresto di Roberto Formigoni.

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Roberto Formigoni, ex presidente della regione Lombardia

La Cassazione conferma la condanna della Corte d’Appello

Qualora la Cassazione non avesse confermato la sentenza, il processo sarebbe ripartito da un secondo grado in Appello, il che avrebbe comportato una nuova sentenza anche della Cassazione. Un iter legislativo che avrebbe potuto far slittare la definitiva sentenza ben oltre luglio, mese in cui i reati che vengono imputati a Formigoni sarebbero stati prescritti. Ora che la Cassazione ha invece confermato la sentenza dell’appello, Formigoni dovrà essere condotto in carcere.

Unico spiraglio di luce in questo momento, per il politico di centro-destra, potrebbe essere la sua età anagrafica. Avendo più di 70 anni, qualora Formigoni decidesse di appellarsi al Tribunale di Sorveglianza, i magistrati potrebbero giudicare la misura inappropriata e dunque la condanna “incompatibile col carcere”. Se ciò accadesse, i magistrati potrebbero decidere di condannarlo ai domiciliari.

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La Cassazione di Roma